Un altro mondo - la recensione
Andrea, alla morte del padre, scopre di avere un fratello africano. Tanta retorica e buoni sentimenti nel film di Silvio Muccino, poco purtroppo il buon cinema...
Recensione a cura di ColinMckenzie
Titolo Un altro mondoRegiaSilvio Muccino
Cast
Silvio Muccino, Isabella Ragonese, Michael Rainey Jr., Flavio Parenti, Maya Sansa, Greta Scacchi
Uscita22-12-2010
Iniziamo, considerando il clima natalizio, dagli aspetti positivi: Un altro mondo è superiore all'esordio di Silvio Muccino, Parlami d'amore. Intanto, più che dirigere meglio, Muccino sembra aver capito che non c'è bisogno di far notare il lavoro della cinepresa ogni 10 secondi. Cosi, ogni tanto viene fuori anche un buon montaggio, come quello della nuova vita dei due fratelli. In generale, dal punto di vista tecnico è stato svolto un lavoro discreto.
Inoltre, la propensione a inquadrarsi pensieroso/afflitto andrebbe limitata, soprattutto perché qualcuno dovrebbe spiegare a Muccino che stare in un collegio svizzero ed essere mantenuto non è la cosa peggiore che ti possa capitare nella vita. Soprattutto, la retorica la fa da padrona. Dopo aver iniziato come un cinico/menefreghista fin troppo cattivo (atteggiamento che ritorna anche in seguito, senza che la cosa abbia senso), l'evoluzione è fin troppo superficiale. E non si può parlare di sottigliezza nel mostrare i propri sentimenti, che vengono enfatizzati in qualsiasi momento (sbattere le posate mentre si cucina) o sequenza (la quasi insostenibile scena di giornata felice con in sottofondo Springsteen). In effetti, in casi come questo per sopperire alle mancanze artistiche non c'è niente di meglio (o di peggio) che puntare su qualche canzone a effetto, cosa che viene fatta spesso.
E in qualsiasi momento, anche in quelli più eccitanti, i personaggi devono affliggersi per forza, in modo da esprimere un mal di vivere generazionale e personale. Peccato che poi alla fine non hai l'impressione che i problemi siano stati non dico risolti, ma anche semplicemente affrontati. Per quanto riguarda il viaggio, il problema è che lo sguardo sull'Africa è talmente preoccupato di apparire politically correct da non offrire quasi nulla di interessante. E gli sviluppi della storia sono talmente scontati, nei cambiamenti dei personaggi e nelle situazioni, da lasciare stupiti. Ovvio che con un bambino di mezzo, è facile giocare sulle battute sentimentali e sull'ironia più piaciona. O magari sulla poesia semplice, per cui a tratti un ragazzino deve esprimere concetti fin troppo profondi. Comunque, tutto considerando, sia il personaggio che il giovanissimo attore Michael Rainey Jr. non se la cavano male.
Alla fine, quello che ti viene da pensare, come etichetta anche un po' banale e che verrà abusata, è che trattasi di opera molto veltroniana, che offre tanti buoni sentimenti e ragioni di espiazione per noi occidentali egoisti. Come in quel caso, ho molti dubbi sull'utilità e i risultati...