Ultras, la recensione
Anche il tifo è un pretesto in Ultras per una storia che racconta tutto il contesto e lo sfondo di fatto prolungando l'immaginario di Gomorra
ULTRAS, DI FRANCESCO LETTIERI: LA RECENSIONE
Se dovessimo considerare Ultras, il nuovo film italiano di Netflix, solo come un film non sarebbe eccezionale. È molto corretto, girato con cura e pensato con altrettanta perizia, ma è privo di personalità, parla una lingua che ha inventato qualcun altro e anche imitando non riesce a trovare un suo vero contenuto. La storia di un capo ultras diffidato e quindi del suo gruppo di riferimento in un momento di transizione, in cui stanno arrivando i giovani con le loro richieste e la loro voglia di potere ma anche in cui lo stesso capo vorrebbe passare ad un’altra vita più regolare e tranquilla (se non fosse che l’attrazione del branco e della violenza è così rassicurante e magnetica), è una storia di marginalità e uscita dal gorgo come altre. Non è l’orgia di ingiustizia, cameratismo e senso malato di compagine che era ACAB di Sollima (che raccontava l’altro lato della barricata, i poliziotti, ma in modi non diversi), è una cronaca di vita in periferia con un po’ di dinamiche di tifoseria.
Nei film di tifoseria il calcio è sempre un pretesto, in questo la stessa tifoseria stessa è un pretesto. Il fine dell’aggregazione dei personaggi potrebbe essere il traffico di droga e non cambierebbe molto, l’importante sono sempre i tagli di capelli, il fisico di Aniello Arena (così grosso e attempato evidenziato dall’abbigliamento), sono i tatuaggi e le sopracciglia curate dei più giovani, il volto spento di Antonia Truppo e le sue occupazioni. È l’estetica che mescola il look ripreso dal rap e quello della televisione in un iperrealismo che non conosciamo se non per Gomorra e che qui si espande a macchia d’olio.
Se Roma è sempre stata il setting naturale del cinema italiano (per ragioni produttive più che altro), Napoli lo è diventato dal 2008 in poi. Ma invece che abbeverarsi alla fonte di un immaginario usurato fatto di mitologia, paganesimo, esoterismo folkloristico o ancora bassi e tradizioni culinarie, Ultras si concentra sulle nuove periferie e prolunga il nuovo immaginario di quella zona.
Lettieri aderisce in pieno a quel mondo che incrocia fatti concreti e personalità reali ma le filtra attraverso stili e scelte visive che ha visto al cinema e in tv, sceglie di lavorare in continuità con le altre rappresentazioni di quei luoghi e quelle dinamiche. Alla fine ci riesce, il film in sé ci perde ma un’idea più grande di racconto del nostro tempo ci guadagna.