Tyrannosaur - la recensione
Al suo debutto dietro la macchina da presa per un lungometraggio, Paddy Considine riesce dopo una bella carriera d’attore a stupire con l'intenso Tyrannosaur...
Si inizia con un cane ucciso a calci e si conclude con un altro sgozzato. Se è vero che una delle poche regole del cinema hollywoodiano è “puoi fare tutto, ma non toccare mai cani e bambini”, Paddy Considine, al suo debutto dietro la macchina da presa per un lungometraggio (finora aveva solo girato un corto, Dog Altogether), dopo una carriera da apprezzato attore, riesce senza dubbio a dimostrare di essere più che mai lontano da quelle logiche.
E così Tyrannosaur si dimostra un film che scuote, un pugno nello stomaco che riesce a raccontare la riabilitazione di un alcolista e della sua amicizia con una donna maltrattata dal marito, senza risparmiare nulla alla vista dello spettatore. Se da una parte si può lamentare la decisione di Considine di indugiare spesso su ferite e scene raccapriccianti, forse più di un ipotetico “necessario”, dall’altra a suo merito va la capacità di sapere alleggerire vari frangenti del racconto con battute e situazioni di raccordo che riescono a rendere digeribile il tutto senza sentirsi vittime di nessun ricatto morale dell’autore (se avesse voluto far stare davvero male il pubblico, queste sequenze non le avrebbe inserite).
A suo modo Tyrannosaur può essere considerato il film emblema di questo malessere e ormai “genere cinematografico”: non male per un debutto.