Tyler Rake 2, la recensione

Come e più del primo Tyler Rake 2 alza la posta e si conferma cinema di performance prestazione, la nuova forma di azione americana

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Tyler Rake 2, disponibile su Netflix dal 16 giugno

Tyler Rake non è morto! Chi l’avrebbe mai detto! Tempo di rimetterlo in sesto, mettergli una pezza intorno al collo che gli regga un braccio, portarlo in una vacanzina faticosissima in mezzo ai monti innevati e arriva Idris Elba. I due fanno le presentazioni di rito, minacciandosi e insultandosi un po’, ed ecco l’introduzione di una nuova missione. Non c’è tempo da perdere, non c’è da completare il processo di guarigione, un’altra esfiltrazione ad alto rischio ha bisogno di lui. Tyler Rake 2 è così, anche più spiccio, serioso, grave e sbrigativo nella scrittura del primo nonostante alla sceneggiatura ci siano sempre i fratelli Russo (anche produttori). Ma del resto sarebbe davvero una cattiveria considerare questo un film di scrittura.

Tyler Rake è l’emblema dell’azione su piattaforma, la punta produttivamente più avanzata di una forma di azione serissima, non contaminata da commedia (come era per esempio Red Notice) e tecnica (ben più di The Gray Man), cinema di spionaggio e intrigo, con fucili portati vicini al petto e arti marziali precisissime. Tyler Rake 2, come il primo, è cinema di prestazione. Prestazione della troupe chiamata a lavorare sequenze che necessitano di un livello di precisione e dedizione non comuni e prestazione degli attori, gli stuntman e tutti quelli davanti all’obiettivo. E nel momento in cui un film di prestazione come questo si fa ancora più tecnico, ancora più audace, ancora più ambizioso, grandioso ed estremo nell’azione, con piani sequenza ancora più lunghi (digitali, non reali ma ai fini della visione poco importa perché sono molto ben collegati), beh allora è chiaro che è migliorato. Il resto non conta.

Sono cambiati i coreografi di arti marziali e c’è un nuovo coreografo delle scene d’azione. Il lavoro che prima faceva una persona sola ora lo fanno in due e si vede la differenza quantitativamente. Tyler Rake 2 se possibile vive ancora più delle sue scene d’azione rispetto al precedente, e sostituisce il linguaggio dei valori americani (veicolato storicamente dai dialoghi) con quello della dedizione disumana, della tenacia e della forza che i protagonisti iniziano a condividere con il pubblico, chiamato a resistere in questa sorta di apnea d’azione lungo pianisequenza che tengono anche per intere decine di minuti in tensione. Se ce la fa Tyler Rake in mezzo alle botte, posso farcela anche io sul divano a tenere duro.

Sam Hargrave, regista già del primo, è un’ex stuntman, come David Leitch (John Wick, Atomica Bionda, Hobbs & Shaw). E come lui è interprete di una forma completamente nuova per l’America di cinema d’azione che sposta i pesi e lo sforzo dalla scrittura sulla performance, che trova una strada americana alle idee di spettacolo asiatiche. E per quanto i film di Tyler Rake, come spesso accade su piattaforma, non riescano ad incidere nel discorso sociale non ci sono dubbi che siano importantissimi, per non dire cruciali nel processo di creazione di un filone e di una nuova idea di cinema d’azione proprio a partire dalla performance, aggiustando quello che in John Wick è più debole, cioè l’interprete (ma senza la totale follia stilistica di quei film lì). Chris Hemsworth più che un attore (altrove lo è) qui è un corpo dedito alla causa come il suo personaggio, una macchina instancabile. Ha la credibilità (che è tutto in questo genere) ma è soprattutto lo strumento giusto per cambiare qualcosa. E i Russo trovano in questi film la loro dimensione migliore, svincolata da ambizioni di scrittura e calata nella professionalità del mestiere.

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