Twisters, la recensione
Dentro Twisters ci sono i cambiamenti degli ultimi anni esposti ed esplicitati, non solo quelli climatici ma anche quelli tra sessi
La recensione di Twisters, il film con Glen Powell e Daisy Edgar Jones, in uscita il 17 luglio.
Ventotto anni dopo il primo Twister arriva Twisters, che formalmente è un sequel ma in pratica è un remake. C’è sempre una protagonista bionda meteorologa che insegue tornado, traumatizzata da un evento che vediamo all’inizio, che studia i tornado con una tesi rivoluzionaria per migliorare la vita delle persone. Incontra un uomo con il quale portare avanti questi studi sul campo, con coraggio e sprezzo del pericolo, ficcandosi dentro ai tornado, e testimonia le distruzioni cittadine (c’è di nuovo un cinema distrutto), fino al grande tornado finale in cui sperimentare la tecnologia messa a punto.
Cambiamenti del clima e cambiamenti nei rapporti tra sessi. Tutto spiegato. Il meglio Twisters non lo dà certo nella sottigliezza ma semmai nel suo essere sfacciatamente uscito dagli anni '90, non solo per la struttura narrativa che replica quella dell’originale, ma proprio per l’atteggiamento da blockbuster di un’era in cui i grandi film spettacolari erano macchine per lo stupore, pensati a partire dalle nuove possibilità del cinema di mostrare con un realismo inedito cose mai viste. Le vedute dei Lumière, ma con le catastrofi in computer grafica. E quando vediamo l’eccitazione della banda di Glen Powell che rincorre imponenti tornado, filmandoli con i cellulari e i droni per eccitare i loro follower, stiamo proprio vedendo la trasfigurazione delle aspettative della produzione, il desiderio di stimolare quella stessa eccitazione negli spettatori davanti a imponenti tornado in computer grafica, distruzioni iperboliche e la macchina del cinema spettacolare al lavoro.