Twin Peaks 3x12 "The Return - Part 12": la recensione

Complesso, anche frustrante, ma enigmatico e affascinante. questo è Twin Peaks: la recensione del dodicesimo episodio della stagione

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Spoiler Alert
David Lynch ha un'idea tutta sua del classico “show, don't tell”. Forse è per questo che un momento normale come la spiegazione chiara e semplice della divisione Blue Rose ci appare quasi avulsa rispetto all'impenetrabilità di tutto il resto. Forse è per questo che i momenti di silenzio tra Gordon e Albert o la frustrante e lunghissima scena con Audrey ci sembrano più affini al linguaggio di Twin Peaks. Ciò che viene mostrato è sempre la superficie, il classico tendaggio rosso oltre il quale vediamo agitarsi ombre che possiamo afferrare solo per intuizione. E quando qualcosa viene detto, si accompagna alla sensazione che ci sia una doppia lettura, qualcosa di celato o simbolico da portare alla luce.

Sono concetti non estranei, ma piacevoli da udire chiaramente, quelli che emergono nel racconto di Albert a Tammy. Esercito ed FBI a collaborare sui cosiddetti casi Blue Rose, sorta di X-Files legati ai misteri che ben sappiamo. Vengono citati Philip Jeffries (David Bowie), Chester Desmond (Chris Isaak, l'agente di Fuoco cammina con me) e ovviamente Dale Cooper. Chrysta Bell è quindi la terza interprete-cantante ad avere un ruolo nella squadra: la musica è davvero un canale potente in questo mondo! Se l'approccio verso Tammy è inclusivo, quello verso Diane è del tutto opposto. La vediamo emergere da tende rosse tutt'altro che casuali, ed essere praticamente respinta a partire dal setting della scena (il particolare delle bevande). In ogni caso, si stabilisce una sottile tregua in attesa di capire quali sono le vere intenzioni di Diane (“Let's Rock”, disse una volta The Man from Another Place).

Il distacco professionale e umano viene ribadito a più riprese nel corso dell'episodio, tanto dagli sms nascosti inviati da Diane al suo contatto “sconosciuto” quanto dai dialoghi tra Albert e Gordon sulle sue attività. In uno di questi momenti ci ricolleghiamo con quanto detto prima. Una scena con una donna francese che deve improvvisamente lasciare la camera di Gordon all'arrivo del collega, che ci mette un tempo infinito ad andarsene e la cui presenza viene spiegata da Cole con un giro di parole abbastanza strano. Che sia uno strano “alla Twin Peaks” o uno strano che rappresenta un codice nascosto è materiale di discussione: ricorda il “she's my mother's sister's girl” di Fuoco cammina con me. Come difficile da interpretare è lo scambio finale tra i due amici. Fa molto ridere, eppure c'è come una malinconia di fondo nelle parole di Gordon “sometimes I really worry about you”.

Twin Peaks è così, prendere o lasciare. Non è scontato, non è semplice, addirittura spesso non è nemmeno piacevole. Fondamentalmente perché Lynch interpreta l'idea di strutturare un film in 18 ore alla lettera, come nessuno prima d'ora in tv. Questo ha un senso nel momento in cui si vuole comunicare una certa emozione in un certo modo. L'apparizione di Audrey (Sherylin Fenn) è emblematica. Si tratta del momento più atteso in assoluto dopo il risveglio di Cooper. Ecco, Lynch non costruisce nessuno slancio per il momento, nessuna tensione, nessun senso di attesa che non sia quello dovuto al minutaggio spropositato che ha preceduto questa scena. Eppure Audrey è lì, e la sua apparizione prosciugata di qualunque valore che non sia quello della sua pura e semplice presenza sullo schermo ha comunque un impatto molto forte proprio perché così improvvisa.

La scena che la vede protagonista è quanto di più respingente si possa immaginare. Un unico ambiente, due personaggi praticamente immobili, stessi stacchi per una decina di minuti, una discussione su qualcosa che afferriamo solo a livello intuitivo. Tutto tende alla lentezza e all'esasperazione, quando abbiamo la sensazione di qualcosa che si sblocca ecco che tutto torna al punto di partenza, gli sbuffi di Audrey sono volutamente anche i nostri, viene utilizzato perfino un telefono a disco che non ha altro senso se non quello di acuire la sensazione del tempo che passa. Quel che succede, ancora una volta dietro le quinte, è in larga parte un mistero. Audrey si è sposata con un certo Charlie, e lo prega di aiutarla a cercare il suo amante Billy, scomparso da un po'. L'uomo fa qualche storia, ma poi contatta una certa Tina, a quanto pare l'ultima persona ad aver visto Billy. Riceve delle pessime notizie, e riattacca.

Ora, Billy dovrebbe essere l'uomo di cui abbiamo sentito parlare nel finale del settimo episodio, quello cercato al diner da un suo amico. Probabilmente si tratta della stessa persona interrogata da Andy nello stesso episodio in quanto proprietario del furgone guidato da Richard che ha investito e ucciso il bambino (spiegate le pessime notizie e il silenzio di Charlie). Nel dialogo si parla del furgone come rubato da un certo Chuck e ritrovato più tardi. Audrey, madre di Richard, rappresenterebbe il collegamento tra i due. Peraltro Richard, che nell'episodio non appare, viene tirato in ballo nella visita di Truman a Benjamin. Più tardi, in mezzo a tutte le altre informazioni, Benjamin afferma che Richard non ha mai avuto un padre (e anche questo dovrebbe essere importante).

Rischia di passare in secondo piano rispetto a tutto il resto – anche perché collegare anche questa vicenda è difficile – ma l'interpretazione di Grace Zabriskie nei panni di Sarah Palmer è davvero ottima. Sono momenti di grande intensità, follia contenuta e orrore nascosto quelli che la vedono protagonista, e nell'occasione torna anche il ventilatore minaccioso che appariva in uno dei più terrificanti tra i Missing Pieces. Forse la presa del male sulla casa dei Palmer non si è mai allentata.

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