Twin Peaks 3x11 "The Return - Part 11": la recensione
Episodio piacevolissimo per Twin Peaks: il fuoco circonda ogni cosa, tra orrore e momenti grotteschi, ma rimane la speranza
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L'undicesimo episodio della stagione si chiude così, non alla Roadhouse, ma ad un locale dove i fratelli Mitchum, più felici che mai, hanno invitato il loro nuovo amico Dougie. Una torta di ciliegie, una canzone al pianoforte, l'esclamazione “damn good”, ma il sogno di rivedere Dale Cooper ci viene portato via ancora una volta. È la delusione di un momento, riscattata dalla consapevolezza di aver assistito ad un episodio tra i più equilibrati visti finora. Divertente, terrificante, con la giusta dose di mitologia, ma anche fortemente puntato sulle sue componenti umane filtrate attraverso la solita lente grottesca e le solite scene da antologia.
In generale questo undicesimo episodio è un grande raccoglitore di scene piacevolissime. In cui può accadere tutto o niente, in cui quello che vediamo può essere importante o meno. Dilatando così tanto i tempi della narrazione, Lynch prende il pieno controllo del ritmo della storia e lo riempie di un divertissement fine a se stesso che può sfuggire ai limiti dell'intreccio incalzante o del mistero sfuggente. Semplicemente, possiamo goderci una cena, o assistere ad una reazione scomposta durante un incidente d'auto. Senza fretta, malgrado i primi minuti dell'episodio lascino presagire un precipitare degli eventi.
Il seguente caos scatenato da un bambino che si ritrova a giocare con la pistola del padre potrebbe, a voler trovare un senso ad una scena che di per sé funziona già benissimo, essere un sintomo del malessere generale a Twin Peaks. “There's fire where you are going”, dirà Margaret a Hawk per avvertirlo del pericolo. Ma il fuoco è tutto intorno, e in una città di legno questo può essere un problema. Il fuoco è negli atti di violenza, nel crollo dei legami, nella criminalità diffusa, in bambini con sguardi malefici e in altri che vomitano, forse in strane chiazze rosse che compaiono sulla pelle di qualcuno. In generale, e il confronto tra Hawk e Truman ci aiuta (bella l'idea di elettricità come fuoco moderno), sono espressioni materiali di un conflitto più ampio, tra la musica e il fuoco, tra il legno e i “woodsmen”.
Saranno ancora essi a tornare nel momento in cui Gordon e gli altri arrivano sul punto dell'incontro tra Hastings e Ruth e il Maggiore Briggs (“2240 Sycamore”, tanto per citare altri elementi familiari). Il luogo dove, secondo il racconto di Hastings, il Maggiore si nascondeva, “ibernandosi”, in attesa di ottenere delle coordinate per giungere ad un altro luogo. Le stesse coordinate che il Cooper malvagio sta cercando e che forse Diane potrebbe ora rivelargli. Giunti sul posto, Gordon e Albert rimangono irretiti dalla potenza extradimensionale che emerge da quel luogo. Gordon sta per morire come Ruth Davenport, stesse braccia alzate, ma viene salvato da Albert.
Considerato che probabilmente Hastings ha avuto accesso alla Loggia Bianca, mentre qui noi vediamo i woodsmen, forse nel'esito dell'apertura del portale gioca un ruolo importante il sentimento alla base, come sappiamo dalla seconda stagione si tratta dell'amore per la Loggia Bianca e della paura per la Loggia Nera. Dopo l'esperienza il braccio di Gordon tremerà come accadeva a molti personaggi a Twin Peaks nel finale della seconda stagione. Ma potremmo anche far riferimento al “They're in our house now” e dire che la divisione non è più netta come prima. In generale la semplice dicotomia tra varco verso la Loggia Bianca e verso la Loggia Nera si è fatta parecchio più complessa con questa terza stagione, anche se di altri portali si era già parlato nei Missing Pieces.