Twin Peaks 3x04 "The Return, Part 4": la recensione
Con il quarto episodio Twin Peaks torna ad una scrittura e a situazioni più vicine alla serie classica, mentre sullo schermo rivediamo parecchi volti noti
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"…brings back some memories."
La sua apparizione, così come quella di Patrick Fischler e di Robert Forster (il nuovo sceriffo Truman), è un nervo scoperto nella mente dello spettatore, sul quale la serie gioca per costruire legami ideali con Mulholland Dr. Ancora una volta, Twin Peaks fa un passo indietro e l'universo cinematografico di David Lynch torna alla ribalta.
E comunque si tratta sempre di momenti piacevoli, puntellati da battute divertenti ("Will Albert be with you?"/"Do birds fly?"). Il culmine qui si raggiunge quando, nel quadro delle ricerche a Twin Peaks su cosa potrebbe essere l'elemento mancante che solo Hawk può trovare, spunta il figlio di Andy e Lucy, Wally. Il cameo di Michael Cera – la scena è molto divertente – dà la misura di quello che probabilmente saranno tutte le future apparizioni di nomi noti dello sconfinato cast. Non una storia corale, che come nell'originale doveva portare tutto avanti insieme e dare a ognuno una giusta motivazione e un conflitto irrisolvibile, ma una specie di best of di situazioni lynchane.
Dispiace un po' vedere il personaggio di Cooper così passivo e diverso dal solito. Certo, il "ritorno" di cui si parla è anche il suo, e un momento di spaesamento ci sta, ma sarebbe bello rivedere lampi del meraviglioso personaggio che è stato. Qualcosa qui c'è: il caffè, il pollice che fa l'ok, ma in modo un po' egoista vorremmo qualcosa di più. Infine, Gordon e Albert incontrano il finto Cooper, fermato dopo l'incidente in auto. Nel racconto dell'uomo ritorna il nome di Phillip Jeffries (lo scomparso David Bowie), l'agente dell'FBI che appare all'inizio di Fuoco Cammina con Me. Scomparso a Buenos Aires alla fine degli anni '80, ricomparso anni dopo e di nuovo svanito nel nulla. E ancora un riferimento ai Blue Rose, dopo quello nel terzo episodio.
Se da un lato ci piace molto la scelta di tornare al Bang Bang Bar e chiudere ogni episodio con un gruppo sul quale lasciar scorrere i titoli di coda, al tempo stesso vorremmo sentire maggiormente la colonna sonora originale. Magari utilizzarla in modo così preponderante come nelle due stagioni classiche oggi non funzionerebbe, ma a piccole dosi fa piacere: ecco perché la scena di commozione di Bobby sulle note del tema di Laura Palmer è una delle più forti della puntata.
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