Twin Peaks 3x03 "The Return, Part 3": la recensione

Surreale e inafferrabile, anche nel terzo episodio della nuova stagione Twin Peaks si conferma un viaggio nella visione lynchana

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Spoiler Alert
Il cortometraggio si chiama Absurda, ed è contenuto nel film antologico Chacun son cinéma. In tre minuti a camera fissa David Lynch racconta una progressione di sorpresa, inquietudine e terrore di fronte allo schermo cinematografico da parte di persone che non vediamo mai. Davanti a noi immagini incoerenti, una gigantesca forbice che forse simboleggia la spaccatura definitiva tra spettacolo e spettatori, il distacco insanabile. Era il 2007, e David Lynch aveva già alle spalle Inland Empire, suo ultimo film. Twin Peaks allora per certi versi è anche l'occasione per sviscerare ancora una volta, forse l'ultima volta, ossessioni, simboli, scenari surreali.

The Return, Part 3 si concentra in particolare su questo per tutta la sua prima parte. La narrazione scompare tra le maglie di momenti assurdi in cui il significante sembra sempre più importante del significato. Si tratta della seconda fase della fuga di Dale Cooper dalla Loggia Nera, via verso il nostro mondo, con un passaggio intermedio di difficile interpretazione. Ci troviamo in uno scenario violaceo, pennellate su uno schermo bagnate da un mare senza orizzonte.

Qui torna il topos lynchano delle deformità fisiche, con una donna senza occhi che invita Cooper a non fare rumore per non svelare la loro presenza. Quindi una via di fuga, il cielo stellato, le parole Blue Rose pronunciate dal maggiore Briggs. Ora, la rosa blu è un riferimento visivo al personaggio di Lil the Dancer, che ne portava una appuntata al petto in Fuoco Cammina con Me, ma in generale è un elemento identificativo di alcuni casi del dipartimento di Gordon Cole (come quello di Teresa Banks) che potrebbero avere legami con il paranormale. Data anche l'apparizione di Briggs, potremmo dare per scontato il collegamento con i Blue Book Case, trattati dalla divisione del maggiore e riguardanti eventi alieni o extradimensionali.

In qualche modo quindi la struttura a New York potrebbe essere un ufficio per il monitoraggio e il controllo di simili attività, ma anche il corridoio che permette ai viandanti di passare dalla stanza dalle tende rosse alla vera e propria Loggia. Comunque, Cooper è finalmente in grado di abbandonare la "prigione della mente". Il doppelganger di Cooper, in viaggio su scenari extraurbani da Cuore Selvaggio, ne viene immediatamente colpito e inizia a vomitare la garmonbozia, ossia quel misto di sofferenza e dolore si cui si nutrono gli spiriti. L'idea probabilmente è quella di scambiare i corpi tra i due, ma qualcosa va storto.

Al posto dei capelli del doppelganger – che riprendono idealmente quelli di Bob – ci troviamo con quelli, altrettanto bizzarri, di un certo Dougie. L'uomo, la cui essenza svanisce di fronte a Mike (rimane solo l'anello, altro collegamento con Teresa Banks e la mitologia di Twin Peaks), è stato "creato per uno scopo", che evidentemente è quello di servire da ospite per Cooper, deviando il pericolo dal finto Dale. Comunque, lo scontro è inevitabile e uno dei due dovrà morire. A questo punto Cooper, completamente passivo e smarrito, ma aiutato dal caso e da alcune presenze, riesce a rimettersi in piedi e a raggiungere un casinò dove si raggiungono vette grottesche abbastanza esilaranti, di quelle che mancavano fino ad ora.

Fanno eco a questi momenti quelli tra Lucy, Andy e Hawk. Un po' di classic Twin Peaks che sinceramente era mancato nelle prime due puntate: è bello tornare a casa ogni tanto. Mentre cercano di capire meglio cosa è accaduto a New York, Albert e Gordon (lo scomparso Miguel Ferrer e lo stesso Lynch che riprende il ruolo) ricevono una telefonata con cui vengono informati che Cooper, dopo anni in cui era svanito nel nulla, è riapparso.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti! Trovate tutte le recensioni degli altri episodi di Twin Peaks nella nostra scheda.

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