Twin Peaks 1x01 "Northwest Passage" (Passaggio a Nord-Ovest): la recensione

Il primo storico episodio di Twin Peaks, intitolato Northwest Passage e diretto da David Lynch, è già un manifesto della serie

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Twin Peaks 1x01 "Northwest Passage" (Passaggio a Nord-Ovest): la recensione

Tra tutti i momenti splendidi che il primo episodio di Twin Peaks riesce a creare, forse il più magistrale, pur nella sua semplicità, è l'istante in cui prendiamo consapevolezza che i genitori di Laura Palmer stanno per ricevere la notizia della morte della figlia. Leland Palmer è seduto su un divano nella sala d'ingresso al Great Northern Hotel, e dà le spalle alle ampie vetrate dell'edificio. Sta parlando al telefono con la moglie Sarah, preoccupata, come lo sarebbe qualunque madre, perché Laura non è tornata a casa la notte precedente. Leland non può far altro che razionalizzare e invitare la moglie a non pensare al peggio. All'improvviso, molto dietro di lui, la macchina dello sceriffo Harry Truman inchioda alla fine della strada d'ingresso. Lui non se ne accorge, ma noi sì. È l'inizio della fine.

A questo punto noi sappiamo già che una ragazza è stata trovata morta da un pescatore della zona di nome Pete, e abbiamo conferma della sua identità tramite le parole dello sceriffo e del dottor Hayward. Tutta la prima parte del primo, storico, episodio di Twin Peaks gioca sulla diffusione della notizia, sulla percezione crescente di qualcosa di distorto in quella che appariva come una normale mattina nella cittadina dello stato di Washington. David Lynch, regista dell'episodio, lavora sulle immagini piuttosto che sulle parole. Fotografa un ambiente e lascia filtrare i personaggi attraverso le crepe nelle immagini, gli elementi dissonanti, i particolari che ricorderemo.

Quindi una macchina della polizia che inchioda in un viale, una sedia vuota tra i banchi di scuola, una ragazza che corre gridando in un cortile, una volante che sfreccia verso destinazioni ignote. Frammenti di anormalità tutti legati alla macchina narrativa che l'omicidio mette in moto. Ma c'è qualcosa di più, qualcosa che diventerà il tema portante di Twin Peaks, ben diverso da quello musicale composto da Angelo Badalamenti. Twin Peaks è un luogo circoscritto in cui il bene e il male trovano un equilibrio che vive negli estremi, nei segreti, nei ruoli di facciata, una sottile tregua se vogliamo chiamarla così. La morte di Laura Palmer spazza via ogni cosa.

Quegli stessi frammenti che ci apparivano importanti riguardo l'omicidio possono ritrovarsi nella costruzione di quasi tutti i caratteri. Siano essi il trucco di Josie Packard allo specchio (in assoluto la prima immagine di una persona che ci viene mostrata), il particolare delle scarpe di Audrey Horne, la benda sull'occhio di Nadine, Laura nell'iconica fotografia che la vede reginetta. Il pilot di Twin Peaks, della durata di un'ora e mezzo, ci racconta un'intera giornata, dalla scoperta dell'alba ai misteri della notte. In questo lasso di tempo mette in scena il cardine narrativo intorno a cui ruota tutto il resto, ma fa anche qualcosa di più, introducendo praticamente tutto il resto dell'imponente cast dello show, lanciando mille storyline verso il futuro. Addirittura già qui, in un sinistro vagone divenuto luogo di morte, appare la celebre frase "Fuoco cammina con me".

Da questo punto di vista Northwest Passage è un episodio ammirevole e modernissimo. Esiste una chiarezza d'intenti che sposa perfettamente il fascino di uno scenario che racconta per immagini e il vorticoso intreccio che suggerisce senza spiegare, che ci aggancia alla storia senza esporsi. Tutto gravita intorno a una domanda che diventa un tormentone: "chi ha ucciso Laura Palmer?". Il più classico dei quesiti, anche questo un elemento di normalità pur se brutale, che apre le porte a qualcosa di più grande e indefinibile. La serie è già tutta qui, anche nella commistione grottesca di generi, basti pensare al modo quasi ridicolo in cui la segretaria Lucy comunica allo sceriffo il telefono da cui prendere la chiamata di Pete nei primi minuti. È una scelta che rischia di spezzare la tensione, e invece meno di dieci minuti dopo siamo devastati dalla scena dei coniugi Palmer.

Ogni sensazione è ampliata, nulla è mai piatto o dimenticabile. Il senso del ridicolo, voluto e cercato, si sposa con il dramma della morte e della perdita, incontra il mistero e la voglia di scoperta, e spalanca le porte al terrore. Lo fa in un'ultima scena da brividi, con Sarah che percepisce, oltre a tutto il resto, qualcosa di malsano e corrotto intorno a lei, forse qualcosa di sovrannaturale. La serie, ancora una volta per immagini, ce lo aveva mostrato in ogni inquadratura delle scale che conducono alla stanza di Laura. Gradini che salgono nel buio, una porta da cui filtra una luce sinistra, forse una citazione visiva alla scala della villa di Psycho. Nello specchio, sfocato e quasi invisibile, appare il volto di Bob.

Quindi, con Northwest Passage, titolo con il quale inizialmente si doveva chiamare la serie (eravamo ancora all'epoca delle prime trattative con la ABC), prende il via Twin Peaks. Non tutti i caratteri brillano, e il trattamento riservato a personaggi come James, Bobby, Shelly, Donna soffre i segni dell'età, per quanto palesemente influenzato anche qui dagli stereotipi del genere, primo fra tutti Gioventù Bruciata. Eppure Lynch riesce a trarre il meglio da ogni incontro, da ogni scambio, giocando anche con le cupe e fredde ambientazioni boschive. Nulla di tutto ciò sarebbe scontato oggi, figuriamoci nel 1990.

Per il resto siamo di fronte a un imprescindibile pezzo di storia della televisione, che piomba con ferocia dirompente su un numero enorme di spettatori che non aveva mai sperimentato niente di simile sul piccolo schermo. Sarà l'inizio di una rivoluzione le cui conseguenze possiamo ben vedere oggi. E poi sì, non ce lo siamo dimenticato, ovviamente c'è anche l'agente dell'FBI Dale Cooper. Ma su di lui torneremo in seguito. Il capolavoro ha inizio.

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