Twin Mirror, due facce della stessa medaglia | Recensione
Dopo i tre episodi di Tell Me Why, Dontnod Entertainment è finalmente pronta a tornare sul mercato con il thriller investigativo Twin Mirror
Approdato il primo dicembre su PlayStation 4, Xbox One e PC alla modica cifra di 29.98€, il titolo ambientato nel West Virginia è in sviluppo sin dal 2016 attraverso un piccolo gruppo di senior developers. Il gruppo è poi cresciuto nel corso del tempo, raggiungendo un team di oltre quaranta persone, che hanno permesso al gioco di venir pubblicato entro la fine di questo bizzarro 2020.
Twin Mirror è quindi finalmente approdato sul mercato, trascinando il pubblico all'interno di un thriller investigativo ambientato nella cittadina di Basswood. Sam Higgs è un ex giornalista che, dopo due anni di assenza, torna nella propria città natale in occasione del funerale del suo migliore amico. Una scelta difficile, tormentata non solo dal dolore della perdita, ma anche dal difficile passato di Sam, che lo ha spinto ad allontanarsi dalla propria gente per motivi che vi lasceremo il piacere di scoprire. Il nostro protagonista è costantemente accompagnato da un personaggio noto come "Lui", presente solamente nella testa di Sam e intenzionato a farlo riflettere sulle sue azioni. Inutile dire che la situazione presto precipiterà, proiettando l'ex giornalista in un mistero che toccherà al giocatore svelare in ogni sua sfumatura.
Con questo non vogliamo dire che Twin Mirror racconti una brutta storia, ma che il potenziale per avere una produzione matura e ricercata viene sprecato per dare vita a un bizzarro episodio de La Signora in Giallo. È evidente che i narrative designer abbiano preferito sacrificare alcuni elementi di trama per focalizzarsi maggiormente sulla psicologia di Sam. È altresì palese, però, come le azioni del nostro protagonista avrebbero dovuto accompagnare maggiormente lo sviluppo della storia, che non riesce a stupire nemmeno nella parte finale del gioco.
Anche per quanto riguarda la longevità ci troviamo ben lontani da quanto ci ha abituati Dontnod nel corso degli ultimi anni. Il titolo può essere completato in circa 7-8 ore, che possono aumentare leggermente nel caso si decida di raccogliere tutti i collezionabili. Un risultato che non solo non raggiunge il recente Tell Me Why, ma che si allontana pericolosamente dalla durata di Life is Strange 2. Non stiamo ovviamente valutando la qualità del gioco in base alla sua longevità, ma è innegabile come questa si rifletta non solo in uno sviluppo narrativo troppo veloce, ma anche nella impossibilità di calare del tutto il giocatore nella vicenda.
Da un punto di vista ludico, Twin Mirror si presenta come un classico titolo Dontnod Entertainment, basato sulla narrativa e sulle scelte di dialogo. Parlare con tutti i personaggi presenti in ogni scena e prendere delle decisioni che andranno a modificare la trama sono alla base di un gameplay ormai rodato e funzionale alla tipologia di appartenenza. Abbiamo avuto occasione di testare anche alcuni bivi che ci hanno portato a situazioni effettivamente differenti, confermando la bontà della struttura alla base di gran parte delle opere del team francese. Anche il protagonista, esattamente come la storia, è mutato in base alle decisioni che abbiamo preso, permettendoci di empatizzare con lui in tutte le nostre run.
La novità introdotta in questo titolo, però, è rappresentata dal Palazzo Mentale. Sam ha la capacità di isolarsi dal mondo che lo circonda per dare vita a una rappresentazione fittizia dello spazio di fronte a lui. In questo modo, l'ex giornalista potrà ragionare sulle prove raccolte, fare ipotesi sullo sviluppo della vicenda e dare una propria interpretazione dei fatti. Nel caso si riesca a risolvere questi (semplici) puzzle ambientali, la trama potrà quindi proseguire. La mancata risoluzione dell'enigma, però, non avrà nessuna conseguenza sullo sviluppo della trama, rendendo questi momenti eccessivamente semplici e poco importanti ai fini narrativi.
Si tratta quindi di una meccanica senza dubbio interessante, ma priva della profondità offerta dalle opere dedicate a Sherlock Holmes, che utilizzano una struttura simile per risolvere i vari casi del noto detective. Siamo comunque rimasti piacevolmente sorpresi da questa introduzione, che ci ha riportato alla memoria anche alcune meccaniche dell'ottimo Remember Me, sviluppato da Dontnod nell'ormai lontano 2013.
Sotto il profilo meramente tecnico, Twin Mirror soffre ancora una volta di alti e bassi. Senza dubbio ci troviamo di fronte al prodotto visivamente più riuscito del team, ma siamo ancora ben lontani da un risultato ottimale. Se durante i momenti più narrativi il titolo offre una regia in grado di valorizzare espressioni e illuminazione, nel suo complesso è impossibile non notare animazioni poco curate e modelli poligonali ancora arretrati. La sensazione è spesso quella che i personaggi parlino e si muovano in modo scoordinato, facendoli assomigliare talvolta a dei manichini senz'anima.
Discorso simile anche per quanto riguarda il comparto sonoro, che vanta un doppiaggio discreto e una colonna sonora anonima per la maggior parte del tempo. Un vero peccato, considerando quanto Dontnod sia riuscita a essere seminale con il suo primo Life is Strange.
Non lo nascondiamo: Twin Mirror non è un brutto gioco, ma sarebbe potuto essere molto di più. Nonostante un ottimo protagonista, la trama non decolla e si attesta tra le peggiori mai scritte da Dontnod Entertainment. L'introduzione del Palazzo Mentale è senz'ombra di dubbio una piacevole aggiunta, che aggiunge quel tocco di novità all'opera. Anche in questo caso, però, si sarebbe potuto fare di più e tentare di non rendere questa nuova meccanica tanto semplice e priva d'impatto sul mondo di gioco. Ci auguriamo, infine, che con l'avvento delle nuove console il team riesca a migliorare ulteriormente il comparto grafico delle proprie opere, che rischiano altrimenti di divenire presto obsolete. Se siete alla ricerca di un thriller investigativo, Twin Mirror si presenta comunque come un prodotto discreto, che potrebbe anche riuscire a soddisfarvi. A patto, però, di non partire con le aspettative troppo alte.