Tutti tranne te, la recensione

La decisione di non fare di Tutti tranne te una commedia di scrittura ma una di corpi che si cercano si scontra con il cast

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Tutti tranne te, la commedia romantica con Sydney Sweeney e Glen Powell dal 25 gennaio in sala

Torna l’unico genere di film in cui dire una bugia, anche solo per errore o per debolezza, è un peccato imperdonabile, sufficiente a mettere fine a una relazione piena di entusiasmo. Un genere così fondato sul raggiro e l’equivoco che l’unico vero villain sono le menzogne, la minaccia che incombe sui protagonisti, che osteggia il loro amore e che sembra complottare per portare il proprio affondo nel momento peggiore: la commedia romantica. Tutti tranne te prova a riportarla al cinema con protagonisti giovani (dopo che sembrava possibile solo su piattaforma con vecchie glorie), ripartendo da dove Will Gluck era rimasto, cioè da Amici di letto, una commedia romantica in cui il sesso non è il punto di arrivo ma quello di partenza.

Stavolta tutto inizia con un raffinato rimorchio da Starbucks, una bella serata insieme e al mattino dopo una sbadata fuga dall’appartamento. Pentitasi di essersene andata senza dire niente, lei torna indietro ma sente lui, ormai amareggiato, parlare male di lei a un amico. Non si vedranno mai più. Qualche tempo dopo però scoprono di essere invitati al medesimo matrimonio, da lati opposti della barricata, in Australia. Lì tutti cercano di metterli insieme, ci sono i rispettivi ex e anche i genitori (!). Per evitare imbarazzi si fingeranno una coppia nonostante si odino, finendo per stare così tanto insieme da amarsi.

L’obiettivo di Will Gluck non è mai fare una commedia di dialoghi sferzanti, e quando ci prova è terribile. Semmai vuole farne una di contatto, in cui Glen Powell e Sydney Sweeney si tocchino o promettano di farlo, una di pettorali e natiche, in cui ci si spoglia molto o si finisce molto in mutande o ancora ci si deve stringere. Solo che le situazioni che si aprono a questi esiti sono tenute insieme malissimo, si passa dall’una all’altra in modi pretestuosi e senza che lungo tutta la storia si snodino delle personalità. Come nei peggiori reality sentimentali i protagonisti vengono artificiosamente spostati da una situazione “teoricamente romantica” all’altra, come se un ambiente propizio dovesse dare alla scena un tono, invece che la scrittura o l’interpretazione (per non dire qualsiasi altro elemento di messa in scena). In questo modo, arrivati al lungo finale in cui far venire a galla i sentimenti, questi non sono mai stati creati e quindi non ci crediamo.

E la cosa peggiore è che se Glen Powell ancora ogni tanto dimostra che potrebbe funzionare (la scena in cui è sovraeccitato dal caffè è l’unico momento in cui qualcuno fa una prestazione divertente), Sydney Sweeney non riesce mai a funzionare, non entra nel ritmo e non fa nemmeno bene la spalla. È completamente fuori dal tono del film e non riesce a coniugare un personaggio che deve essere imbranato e divertente (come è all’inizio), con il fatto che deve essere anche sessualmente potente e attraente (come è per il resto della storia).

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