Tutti In Piedi, la recensione

Un finto di disabile e una vera disabile in una storia d'amore che più convenzionale non si può. Tutti In Piedi è per animi ripetitivi

Critico e giornalista cinematografico


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Difficile davvero non pensare a Quasi Amici di fronte a questa commedia che utilizza la disabilità per imbastire una storia sentimentale non diversa da quelle di tutte le altre commedie romantiche. Come altrove infatti anche qui l’intreccio tra i due protagonisti nasce con una casualità e una menzogna da parte di lui, il quale come altrove è un uomo piacente e ricco, spietato negli affari e interessato alle donne solo come passatempo, mentre lei è una figura molto più equilibrata e romantica, dalla cui frequentazione potrà essere redento. Unica differenza rispetto ai molti altri film sul tema è che tutto avviene con il trucco della sedia a rotelle.

Il protagonista è infatti interessato ad un’altra, una donna che come lui non è disabile ma che si occupa di disabili e che lo scambia per errore per un paraplegico avendolo visto su una sedia a rotelle. Lui cavalca l’equivoco e scopre che in realtà lei voleva fargli conoscere sua sorella, anch’essa paraplegica. Qui comincia il film, con un scapolaccio intrappolato in un equivoco, costretto per la prima volta a conoscere una donna davvero e sempre più conquistato, mentre comicamente tenta di fingersi disabile.

Il punto di Quasi Amici era lo stesso, costringere due persone che non si sarebbero conosciute a conoscersi grazie alla disabilità di uno dei due, solo che Tutti In Piedi è ben più convenzionale, usa quello stesso espediente di tenerezza per fini ben più ordinari e pure con molta meno originalità. Quanto peggio non lo fa nemmeno bene! Franck Dubosc scrive, dirige e interpreta senza capire che il suo corpo e la sua recitazione non vanno per niente bene, non ha i toni comici necessari né la tenerezza per quel ruolo da protagonista. Questo già basterebbe, ma il film è anche vessato da un più generale intento retroguardista che cozza con le idee progressiste riguardo i disabili.

In una storia di tolleranza in cui una persona pessima e spietata scopre l’ampiezza del mondo dei disabili (mentre scopre l’ampiezza di quel che le donne possono essere al di là del solo sesso) in realtà c’è un universo estremamente conservatore quanto a vedute e rapporti tra uomini e donne. Uno che non teme di prendere in giro i travestiti canzonandone il vocione di nascosto, né di relegare le donne in una posizione di oggetto. Splendide, fantastiche, meravigliose, complesse, intelligenti e tutto quel che di meglio si può dire ma fuori dall’azione, su un piedistallo da guardare, il solito motore immobile.
E dire che la commedia romantica una volta era uno dei pochi modi in cui le attrici potevano avere ruoli di rilievo e il pubblico femminile poteva avere dei film a sé dedicati.

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