Tutta colpa di Freud, la recensione
Torna il regista dei due Immaturi con una nuova commedia di altri Immaturi, sempre indecisi nella vita sentimentale e sempre incapaci di parlare sul serio di umanità...
Se Luca Miniero, dopo Benvenuti al Sud/Nord, continua ad insistere nella rappresentazione di storie che girano intorno al contrasto insito nel nostro paese tra il popolo che abita il meridione e quello che abita il settentrione, il suo ex compagno di regia, Paolo Genovese, continua ad inseguire la sua di gallina dalle uova d'oro, ovvero Immaturi.
Una bibliotecaria che insegue amori fatui, una lesbica che, delusa dalle donne, vuole a tutti i costi provare l'amore eterosessuale, una 18enne innamorata di un 50enne che a sua volta promette di lasciare la moglie (ma che non ha il coraggio di farlo) e su tutti il padre psicanalista che non ha il coraggio di dichiararsi alla sconosciuta che guarda e brama ogni giorno.
Il motivo per il quale nel film non c'è niente è perchè tutto scorre secondo il binario più usuale. Anche la comicità, che è la cosa più grave! Nonostante la ricerca di una sua originalità nel leggere la contemporaneità (la presenza della lesbica dall'incerta vita sessuale), Tutta colpa di Freud è la negazione stessa della lettura divergente e anzi converge in tutto e per tutto con ciò che è il sentire comune più banale e pigro, proponendo gag e situazioni che potrebbero essere partorite dall'impiegato con il più inetto senso dell'umorismo.
Altre commedie italiane dal medesimo budget e dal medesimo target, nei casi migliori, riescono a trovare uno spunto in un personaggio, un taglio particolare in una certa scena o addirittura si ritagliano una certa violenza verso determinate categorie. Fanno insomma delle scelte. Tutta colpa di Freud no, in questo senso sembra scritto da nessuno, partorito con un generatore automatico di situazioni, il cui tono è sottolineato con un'insistenza maldestra da un tappeto musicale costante.
Ed è un peccato perchè poi, una volta tanto, l'ambientazione e la fotografia parevano più curate del solito, tutti controluce e penombre in un centro di Roma che pare inedito tanto è favolistico, affascinante e calamitante.