Tulsa King 1x01, 1x02: la recensione

Dwight Manfredi, il nuovo Tulsa King, rappresenta il perfetto cliché del mafioso vecchio stampo ed è uno spasso da guardare

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Alla sua prima esperienza come protagonista di una serie televisiva Sylvester Stallone, nel ruolo di Dwight Manfredi, il nuovo Tulsa King, ha già stregato il pubblico e lo show si è già guadagnato il rinnovo per una seconda stagione prima della messa in onda del suo 4° episodio dei 10 previsti per la prima.

Secondo quanto ammesso dal suo stesso creatore, Taylor Sheridan, il nuovo Mida di Hollywood, Tulsa King è stato concepito in pochissimi giorni durante la pandemia e presentato a Stallone in una brevissima telefonata dopo la quale la star non ha avuto esitazione ad accettare il ruolo che gli veniva offerto e che era stato chiaramente concepito con lui in mente. Affidata ora nelle sapienti mani dello showrunner Terence Winter, un altro grande nome, autore di The Wolf Of Wall StreetBoardwalk EmpireThe Sopranos, la serie è già entrata nelle grazie del pubblico. E non avrebbe potuto essere altrimenti.

LA TRAMA DI TULSA KING

Dopo 25 anni trascorsi in carcere Dwight Manfredi viene convocato dal boss della famiglia mafiosa che ha servito e protetto con il suo silenzio per trovarsi di fronte ad un mondo che non riesce più a riconoscere. La gratitudine che si aspettava gli venisse riconosciuta per la sua fedeltà, si trasforma in una stilettata alle spalle quando viene esiliato a Tulsa, in Oklahoma, con la richiesta di far espandere gli affari di famiglia, ma l'evidente intento di levarsi di torno una sorta di vestigia del passato che non trova più spazio negli affari della famiglia. Senza che gli venga lasciata alcuna scelta Dwight si ritrova così catapultato nella Bible Belt, un'area degli Stati Uniti nota per la presenza di una grande percentuale di credenti appartenenti per lo più al movimento evangelico, senza un piano ben preciso.

Al suo arrivo, dopo aver assoldato Tyson (Jay Will), che diventerà suo personale autista e braccio destro, il nuovo Tulsa King si darà immediatamente da fare entrando in un dispensario di marijuana diretto da Bodhi (Martin Starr) e chiedendo il 20% del suo fatturato settimanale in cambio di una protezione - di cui Bodhi non ha in realtà bisogno - contro ipotetiche bande criminali, che non lo hanno in realtà mai infastidito. Almeno fino all'arrivo di Dwight.

CHI È DWIGHT MANFREDI, IL NUOVO TULSA KING

Non esiste nulla di più attraente di un criminale con dei principi morali e molto fascino e Dwight Manfredi rientra perfettamente in questo cliché. Sylvester Stallone doveva saperlo bene quando gli è stato proposto di interpretare inizialmente il ruolo di un mafioso che torna in libertà dopo 25 anni di carcere, tanto che la sua idea del personaggio ha influito molto sulla penna di Sheridan e Winter.
Come dichiarato da Stallone stesso, che è anche produttore della serie, il Dwight Manfredi che gli era stato proposto inizialmente era più arrabbiato e cupo di quello che oggi vediamo in Tulsa King e l'attore ha spinto per ammorbidirne i tratti e trasformarlo invece in un mafioso vecchio stampo: un antieroe carismatico che conosce il senso della parola violenza, ma vi fa ricorso solo quando lo ritiene strettamente necessario. Il personaggio che ne emerge è un uomo tutto d'un pezzo, per cui la parola onore ha un profondo significato ed il cui umorismo involontario lo rende particolarmente divertente.

Già dai primi episodi della stagione si evince come l'intento degli autori sia quello di costruire un solido background emotivo per il protagonista di questa serie, non solo dal punto di vista professionale (sempre che questo sia il termine corretto per definire le attività di un criminale), ma anche da quello personale grazie per esempio alla non convenzionale relazione con Stacy (Andrea Savage), una donna conosciuta in un bar la cui strada incrocerà nuovamente in maniera inaspettata dopo una notte trascorsa assieme e soprattutto al difficile rapporto con la figlia, che non sente da quando è stato condannato e che non sembra interessata a riallacciare un rapporto con lui.

Sebbene quello che abbiamo visto fino ad ora di Tulsa King sia decisamente piacevole e genuinamente divertente, a nostro avviso il vero punto di forza dello show non è ancora stato interamente esplorato ed è incentrato proprio in quello stesso cliché del mafioso d'onore che Dwight Manfredi rappresenta. In un episodio in particolare, in cui Dwight aggredisce un rivenditore d'auto che rifiuta di vendere una macchina a Tyson credendolo uno spacciatore, il personaggio interpretato da Stallone fa notare all'uomo il proprio errore di valutazione e la sua incapacità, in parte dovuta ad un latente razzismo, di riconoscere chi davvero possa costituire un pericolo.

Nonostante il fascino sfoderato da Dwight ed il fatto che preferisca non ricorrere alla violenza quando evitabile, il protagonista della serie - per quanto ci è dato sapere di lui al momento - non è un personaggio positivo, a meno che gli autori non decidano di deviare dal suo corso attuale e non si apprestino a indirizzare il protagonista verso un percorso di redenzione, ponendolo magari contro quella stessa famiglia a cui ha regalato 25 anni della propria vita senza ricevere nulla in cambio. Un cambio di rotta, lo sottolineiamo, che in realtà non auspichiamo.

Dwight Manfredi di Tulsa King è infatti indubbiamente un criminale che non sembra intenzionato a cambiare vita, ma le cui scelte cominciano a pesare sulle spalle di un uomo di una certa età, che non ha nessun legame stabile. Considerato come il conflitto interiore che vive sia quindi l'aspetto più interessante dello show, quello che ci auguriamo è che, nello sforzo di rendere il protagonista della serie piacevole, a prescindere dalle sue attività criminose, non si finisca per ritrovarsi con un personaggio caricaturale e poco realistico.

La 1^ stagione di Tulsa King debutterà in Italia il 25 dicembre su Paramount+.

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