Trust 1x04 "That's All Folks!": la recensione

La recensione del quarto episodio stagionale di Trust

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FX
TV
Spoiler Alert
That's All Folks! è il primo episodio di Trust a non essere diretto da Danny Boyle. È senza dubbio una casualità dovuta più che altro al favore della sceneggiatura, ma ci sembra che sia anche la puntata più godibile vista finora nello show di FX. Dove i primi tre episodi lasciavano intravedere uno stile molto curato e affascinante, ma al tempo stesso ci respingevano narrativamente (anche a causa della loro natura bizzarramente episodica), questa quarta puntata lavora ancora di più su sfumature caratteriali che erano emerse a tratti nelle puntate precedenti. La narrazione procede al giusto ritmo, ma lo fa sempre secondo canali diversi da quelli che si aspetteremmo, come un faro in scena che illumina particolari che altri riterrebbero trascurabili.

Ad esempio, e vale la pena rimarcarlo ancora una volta, è molto particolare il fatto che in una serie con Donald Sutherland, Brendan Fraser e Hilary Swank, la serie spenda più di metà del suo tempo – almeno questa settimana – a farci ascoltare personaggi che parlano in dialetto. È una prospettiva particolare per noi spettatori italiani, ma proviamo ad immaginare quanto deve esserlo per un americano che segue una storia che, forse, ha già visto raccontata mesi fa nel film di Ridley Scott. Si inizia questa settimana con un lungo dialogo in cui tre criminali, tra cui Primo Rizzuto, discutono sul giusto riscatto da chiedere per rilasciare Paul. Non troppo, né troppo poco. Ci si accorda per 17 milioni, e va bene così. Ma quel che è sempre importante sono le sfumature.

L'avevamo già notato. Trust funziona non tanto a livello tradizionale di intreccio, con un riscatto che mette in moto delle situazioni di tensione che potremmo, per abitudine, associare ad un simile conflitto narrativo. Lavora sugli ambienti, sui personaggi, sul non detto e sulle frasi inutili gettate in mezzo ad altre che pure sarebbero più importanti. Ad esempio, in quella che è forse la migliore scena dei quattro episodi visti finora, uno dei complici della banda deve chiamare la redazione del Messaggero per far trapelare la richiesta di riscatto. È un momento splendido, in cui si ride e in cui il realismo grottesco della situazione trascende sia il dramma in atto, sia la necessità stringente di ciò che stiamo vedendo.

Luca Marinelli è il volto che emerge in tutto questo. Harris Dickinson ha un volto troppo pulito per coinvolgerci del tutto, e allora molto di più sono i criminali, i rapitori, che ci interessano e ci affascinano. Sono volti particolari, sono criminali diversi, alcuni di loro spauriti, non quanto la vittima, ma quasi. Il resto è un filtro tragicomico che investe molti personaggi. Sono assurdi i dialoghi a colazione alla villa dei Getty, con il patriarca che liquida velocemente come una truffa la richiesta di riscatto, le donne della famiglia che civettano e si stuzzicano a vicenda, la cifra standard di 600 dollari ricavata freddamente al pari di tutto il resto. Questa è la serie che ci dice di guardare altrove se vogliamo trovare il cuore della storia.

Ci porta lontano, in luoghi di campagna in Italia, lontanissimi dalla California a cui fa riferimento il giovane Getty. Qui si formano strane complicità, e la trama trova un suo respiro più intenso.

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