Trust 1x01 "La casa dei Getty": la recensione

La recensione del primo episodio stagionale di Trust

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Spoiler Alert
Soldi, quindi potere, quindi corruzione. Fin dalle primissime sequenze che lavorano per assonanza con Money dei Pink Floyd, Trust si presenta come una serie che si autodefinisce a partire dalle proprie premesse narrative. Che senza dubbio sono storicamente attendibili, almeno nei contorni, ma che al tempo stesso lavorano su una presentazione dello scenario e dei personaggi che gioca sul loro essere quasi archetipici. C'è un richiamo palese a questo dopo pochi minuti, nel rimandare tutto ciò che stiamo vedendo, e che vedremo, alla tragedia Re Lear di Shakespeare. Il patriarca, stanco e sofferente, che vede il suo regno al tramonto e nessun erede a cui lasciarlo. Su questa speranza e questo conflitto personale, piuttosto che sul rapimento di John Paul Getty III, si incentra il primo episodio di Trust.

La puntata, come le due seguenti, su cui abbiamo già dato le nostre impressioni in anteprima, funziona quasi come un blocco unico, molto episodico, che presenta un conflitto e lo esaurisce nell'arco dell'ora. John Paul Getty (Donald Sutherland) soffre come detto per la mancanza di qualcuno a cui lasciare il suo impero. La ricca famiglia di petrolieri si sta sfaldando, se non dal punto di vista economico, quantomeno da quello umano. Dietro le tende della villa si agitano compromessi, momenti grotteschi, falsità, una serie di relazioni di convenienza in cui non c'è spazio per l'intimità, salvo pochissime parentesi circoscritte. In questa situazione piomba, quasi da un altro pianeta, il nipote del magnate.

Dove i figli del patriarca sono, a suo vedere, rami secchi, questo giovane vitale, forte, ribelle quel tanto che basta, appare come terreno fertile all'anziano, che lo prende sotto la sua ala. Iniziano alcune scene di educazione al potere, che ci servono anche a inquadrare meglio i protagonisti. Tutto culmina nel momento del presunto trionfo, la rivelazione che dovrebbe rilanciare il nome della famiglia. In realtà poi l'amara realtà è un'altra, come scoprirà lo stesso John Paul Getty. Il rapimento del nipote – fatto vero narrato pochi mesi fa anche in Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott – viene allora relegata ad una parentesi finale che somiglia quasi ad un epilogo. Il personaggio che sembrava arrivato da un altro pianeta, con la sua leggerezza e la sua freschezza, che torna, più stanco e corrotto, in Italia, dove viene rapito senza fare resistenza.

Dal punto di vista visivo l'episodio diretto come i due seguenti da Danny Boyle è denso e ben costruito. Il pianosequenza iniziale è emblematico e, anche se non torneremo a quei livelli di macchinosità della messa in scena, questa rimane una serie che vuole farsi ammirare anche visivamente. Allora il rischio avverso potrebbe essere quello di allontanare lo spettatore occasionale. Nel suo rincorrere gli stilemi della peak tv e nel candidarsi fortemente come appartenente alla categoria, Trust rimanda ogni soddisfazione e, come detto, consegna il cuore dell'intreccio – a partire dal fattore scatenante – alle prossime puntate.

La scrittura della puntata e dei personaggi è talvolta di grana grossa, come mostrato dai due riferimenti già segnalati (musicale e teatrale), ma Trust almeno in questo primo episodio è una serie capace di compensare ampiamente grazie alla messa in scena.

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