True Detective: Night Country, la recensione dell’episodio 5

Il quinto episodio di True Detective: Night Country parla di conseguenze, come il format della serie prevede, non senza qualche incertezza

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Spoiler Alert

E ora parliamo di conseguenze. L’episodio di True Detective: Night Country, prima del finale, si occupa di un tema tradizionale per la serie: ciò che accade quando un’indagine è così grande da segnare un’intera vita. È una puntata fatta di cenere, come la cremazione che ci viene mostrata in apertura, e di attesa. Non che la sceneggiatura si trattenga, anzi, si svelano tanti legami fondamentali. Solo non è ancora dato capire quanto gli elementi più fantastici siano veramente parte del senso finale della storia e non un furbo trucco per aumentare la tensione e il tasso di imprevedibilità ad una storia non così originale come vorrebbe far credere.

L’atteso interrogatorio di Otis Heiss è frustrante perché svela qualcosa, ma apre altre domande. Un pattern ormai ripetuto fino allo sfinimento nella scrittura di questa stagione. Le detective si muovono alla ricerca di persone che possiedono determinate informazioni. Quando le raggiungono queste riescono a ricordare (o a dire) solo una parte. Esigenze di sceneggiatura, nel non svelare tutto e subito, che bisognerebbe almeno provate a celare. Invece dove la prima stagione di True Detective correva in una discesa incontrollata di informazioni che aggiungevano orrore al mistero, True Detective 4 parte dall’orrore e va con il freno a mano tirato sull’indagine. Il quinto episodio ribadisce quel bisogno di dover attendere il finale, di prendere tempo con sottotrame e false piste, che ha caratterizzato gli episodi due e tre. 

Allo stesso modo la sequenza delle proteste da parte della popolazione iñupiat non riesce a rendere l’idea di una comunità reale. I personaggi coinvolti sono sempre gli stessi, gli incidenti coinvolgono solo coloro che stiamo già seguendo, dando l’impressione che i fatti che riguardano la città siano alla stregua di una questione privata. Serve una maggiore preponderanza del caso, dell’imprevisto, della vita della città che colpisce il lineare accumularsi di fatti. Un po’ come nella sequenza in chiusura del secondo episodio in cui un’esplosione di tensione, la cui origine non è più stata approfondita, ha rovinato i piani delle due detective senza coinvolgere direttamente loro famigliari. 

Sono difetti che la serie si porta dietro sin dall’inizio, ma che non le impediscono di essere tutto sommato suggestiva. La voglia di capire come andrà a finire - e quale sia il significato di alcune scelte di regia - si mantiene intatta. È infatti dalla seconda metà in poi che la puntata decolla realmente, iniziando ad entrare nel terzo atto del racconto complessivo con la giusta forza. Serviva spostare i personaggi dal loro luogo di partenza. Peter Prior allontanato da casa, smette di essere passivo e secondario. Inizia a reagire, delineando un arco di crescita più ampio di chiunque altro. È la conseguenza di aver scelto il proprio lavoro, l’abnegazione verso il caso da seguire, sulla famiglia e la vita privata. 

La maledizione dei detective arriva anche dalle pressioni esterne. Ted Corsaro (Christopher Eccleston) incarna l’ostacolo più interessante: il potere politico e industriale. I soldi che mettono a tacere, che inquinano le prove, depistano le agenti che si rendono conto di quanto i loro mezzi siano insufficienti. Ecco altre conseguenze: non c’è solo la morte, ma anche l’isolamento sociale, il trovarsi da soli di fronte a delitti enormi intrecciati con l’operato della multinazionale. Non serve scomodare l’orrore cosmico per ricreare il brivido di impotenza e gambe che cedono di fronte a un Golia impossibile da sconfiggere. 

Così, grazie anche a un improvviso scontro a tre, ben congegnato nella sua portata drammatica e nelle decisioni rapide che comporta per i personaggi (e per la loro evoluzione) True Detective 4 si avvia lanciato bene verso la sua conclusione. Lo fa ancora una volta con una chiusura ottima a conferma di una regia estremamente capace nel mantenere alta la tensione. Lo fa grazie a colpi di teatro ben girati e spesso impattanti. Una buona sensazione verso la chiusura che tutto sommato fa perdonare molti scricchiolii lungo il percorso. Non c’è stato un finale di puntata sbagliato fino ad ora (mentre il resto è molto meno riuscito). Riuscirà a fare lo stesso con il finale di stagione?

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