True Detective 3x08 "Now Am Found" (season finale): la recensione
Le nostre impressioni sul finale di stagione di True Detective
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L'episodio si apre con il confronto tra Hays e Hoyt. La presenza di Michael Rooker era già stata anticipata da un'immagine nel sesto episodio e dalla sua voce nel settimo, ma qui lo vediamo per la prima volta interagire con il protagonista. I due fanno una lunga passeggiata nel corso della quale le minacce velate lasciano il posto ad un'aperta ostilità. E Hays infine vacilla di fronte alle ripercussioni promesse dal suo avversario. La scrittura non ci offre nulla di più su Hoyt, perché qui l'esigenza consiste nel mantenerne l'integrità all'interno e all'esterno del racconto. Hoyt può solo manifestarsi sporadicamente, ma ogni sua apparizione – che sia in foto o tra i boschi – è una concessione allo spettatore e a Hays (ogni commento su Mahershala Ali, fresco di secondo Oscar, sarebbe superfluo).
Negli anni '80 il caso viene soppresso e una rivelazione mette in crisi il rapporto tra Wayne e Amelia, negli anni '90 la minaccia pone fine alle ricerche, chi doveva morire è morto, chi è ancora vivo si tiene stretto ciò che ha. Oppure si punisce, come Roland West (un preziosissimo Stephen Dorff), che si condanna ad una vita di solitudine e familiarizza con il primo dei cani che avrà. Rimane il presente, un 2015 che ha il sapore dell'ultima occasione, per rimediare agli errori del passato, per trovare un senso ad una vita intera. Wayne e Roland trovano il collegamento con l'uomo da un occhio solo, Watts, che fa luce sul mistero dei giovani Purcell. Per quel che vale.
Ed è così che Wayne Hays, uomo tra gli uomini, arriva alle porte della soluzione che ha cercato per tutta la vita. E lì si arresta, ormai incapace di vedere. Il figlio lo ritrova, Hays torna a casa, indulge in ricordi perduti che lo trascinano lontano, "barca contro corrente, risospinto senza posa nel passato". Finale dolce amaro, ma in linea con quel che True Detective è stato in questa stagione. I vuoti narrativi rimangono, riempirli non sarebbe stato difficile, ma in fondo non ci avrebbe dato quella soddisfazione così cercata. Come il collegamento pretestuoso con la prima stagione serve a sorreggere idealmente questo universo, così il caso Purcell è solo il motore di quella che rimane una storia di mancanze e rimpianti.
Simile al protagonista di La Promessa, Hays commette la leggerezza di definirsi in base ad uno scopo che è altro rispetto alle cose salienti della sua vita. Ritrovare Julie significa ritrovare Rebecca, significa ricordare perché Amelia non c'è più, significa riconciliarsi con quel giovane uomo ancora perduto nella giungla del Vietnam. Come un novello Billy Pilgrim, oscilla continuamente tra presente e passato, e sembra quasi che sia il mondo a muoversi, mentre lui rimane fermo in un punto, a contemplare tutti i suoi errori e rimpianti. Allora la chiusa finale arriva come un raggio di luce, uno dei pochi in una vita carica di ombre, con un dialogo aperto con Amelia e la promessa di una vita felice.
True Detective va in onda ogni lunedì su Sky Atlantic in lingua originale con sottotitoli alle 21.15 (e alle tre di notte fra domenica e lunedì, in contemporanea con gli USA) e il lunedì successivo nella versione doppiata in italiano.