True Detective 3x03 "The Big Never": la recensione
Le nostre impressioni sul terzo episodio stagionale di True Detective
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Questa settimana accade poco in concreto. Ci sono piste da seguire, persone da monitorare, luoghi da perlustrare alla ricerca di qualcosa che forse è sfuggito allo sguardo la prima volta. Si torna quindi sul luogo del crimine, e lo si fa nel passato, recandosi di persona, o nel presente, tornando con i ricordi a quei momenti. Ciò che emerge è un quadro poco conciliante, forse nemmeno affidabile, in cui l'unica costante sono i sensi di colpa. In questo senso trova ancora una sua motivazione la particolare scansione temporale che divide in tre il racconto della vicenda. Stavolta c'è anche il collega Roland West a raccontare il suo punto di vista, ma è chiaro che i momenti più importanti riguardano sempre Hays.
Non c'è nulla a definire Hays negli anni '90 e nel 2015 a parte il suo legame con la famiglia. Le due scene più forti sono personali: un brevissimo momento di panico negli anni '90 e un'apparizione di Amelia nel 2015. Facile ricondurre entrambe ad un senso di colpa mai superato. L'indagine nel passato ne esce tuttavia ridimensionata: solo vaghi pezzi sparsi di una storia che non diventa mai un gioco con lo spettatore che deve provare a ricostruire la vicenda. Il coinvolgimento viene meno, il ritmo si abbassa, ma True Detective rimane un prodotto molto coerente con se stesso.