Troppo amici, la recensione
A seguito del successo di Quasi amici esce la commedia precedente del duo. L'amicizia stavolta non centra niente ma il film è molto migliore di quello che avrebbero fatto solo due anni dopo...
Ricordate Quasi amici? Per evitarci la fatica di tenere a mente i nomi dei due registi francesi e dell'attore principale (che sono ben tre e in una lingua ostica) così da confrontarli con quelli di Tellement proches e scoprire che sono gli stessi, i nostri amici della Moviemax hanno deciso di tradurre il titolo originale "Così vicino" in Troppo amici. Così capiamo tutti.
La storia è stavolta corale, ci sono molti personaggi, molti dei quali parenti. Le famiglie principali sono due, unite da un matrimonio. Una è formata da un fratello e due sorelle attaccatissimi (i "così vicini" del titolo), l'altra è formata da un padre eterno ragazzino e un figlio bambino comicamente irrequieto ai massimi livelli (anch'essi a modo loro "così vicini" ma si scopre alla fine). Di personaggi "troppo amici" non se ne vedono.
La sorpresa è che questo titolo precedente è nettamente migliore di Quasi amici!
Privo com'è del buonismo, dell'etica scaldacuore e del politicamente corretto del film milionario questo non poteva assolutamente segnare il successo di Toledano e Nakache come ha fatto la storia del ricco paraplegico e del vitale poveraccio, tuttavia è dotato della rara capacità di creare uno spazio irreale di comicità pura, un universo coerente in cui ogni elemento della messa in scena, grazie all'accumulo, scatena una nuova risata.
Disegnando un'umanità iperbolica nel suo inseguire le pulsioni elementari (divertimento, denaro, successo, sesso) Troppo amici riesce a dire qualcosa di più sincero di quel che non si creda, di più onesto e credibile di Quasi amici e soprattutto di più simile a quel linguaggio che utilizza il cinema, quello dell'esagerazione propria della lente puntata su una piccola realtà, in modo da ingrandirla così tanto che risulti comprensibile a tutti.