Tron: Legacy - La recensione

Sam Flynn, erede di un impero informatico, ritrova il padre misteriosamente scomparso tanti anni prima, in un mondo incredibile e pericoloso. Poteva essere un film rivoluzionario, ma risulta un mix di cose già viste, peraltro poco comprensibile...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloTron LegacyRegiaJoseph KosinskiCastJeff Bridges, Garrett Hedlund, Olivia Wilde, Bruce Boxleitner, James Frain, Beau Garrett, Michael SheenUscita29-12-2010La scheda del film  

Dopo l'anteprima di 25 minuti di Tron Legacy, ammetto che non avevo grandi speranze nelle potenzialità di questa pellicola. Sì, visivamente si presentava bene, ma l'impressione non era certo quella di un racconto avvincente.

L'inizio, invece, è appassionante. Dopo una presentazione rapida e efficace di come tutto è partito, assistiamo a una bella sequenza di anarchia informatica (aspettatevi un'infinità di paragoni con Julian Assange per almeno un paio di situazioni). Certo, la figura del giovane ribelle non è proprio originale, ma grazie a questa fotografia elegante funziona comunque, in particolare il momento (quasi cronenberghiano e surreale) in cui i televisori danno l'annuncio della scomparsa del geniale progettista.

Tutto questo, peraltro, viene mostrato in 2D, come era stato annunciato da tempo, cosa che certo non mi sconvolge negativamente, anzi. Più che altro, mi stupisco che si sia deciso di mostrare i minuti meno interessanti nella presentazione di qualche mese fa, mentre invece si potevano proporre quelli più convincenti.

Ma poi entriamo nel mondo virtuale, tutto ovviamente in 3D. E' effettivamente un mondo come non abbiamo mai visto prima, almeno secondo quanto proclamava la pubblicità? Ovvio che è difficile essere all'altezza di queste aspettative e riuscire a creare qualcosa di veramente originale. Diciamo che nonostante il 3D, abbiamo di fronte un mondo piatto e senza spessore, in cui a parte i protagonisti in scena, non c'è praticamente nulla di importante che si possa vedere. Quindi, se vuoi fare una pellicola in cui tutto quello che c'è sullo sfondo non ha consistenza e non è mostrato nei dettagli, a maggior ragione fallo in 2D, visto che l'unica altra ragione è mostrare oggetti che cadono verso lo spettatore (non proprio un'innovazione).

Ovvio che il riferimento maggiore è Matrix, a cominciare da alcuni ralenti delle scene d'azione o da alcuni salti nel vuoto. E i Wachowski tornano come citazione anche in una certa inconsistenza negli sfondi e negli ambienti, che mi ha fatto pensare per certi versi a Speed Racer. Insomma, non esattamente la rivoluzione, se non per quei quotidianisti che si sconvolgono appena non vedono un film due camere e cucina.

  Va detto che, almeno, il film è un po' meno freddo di quanto pensassi, ma troppi momenti non riescono comunque a scuotere emotivamente. Penso soprattutto al primo incontro padre-figlio o al rapporto tra i due giovani. E' come se il regista e il film si compiacessero troppo della bellezza della pellicola (o presunta tale, francamente non sono estasiato a riguardo), senza preoccuparsi troppo di appassionare lo spettatore. Al posto delle emozioni, ci ritroviamo con un mondo che ha delle basi narrative talmente assurde e raffazzonate da far sorridere per la loro ingenuità. Qualche mese fa, ho criticato Inception (che ha diversi punti di contatto con questo film) perché non mi sembrava in grado di dar vita a un universo credibile, ma in confronto era assolutamente perfetto. Quanto meno, nelle scene d'azione della pellicola di Nolan si capiva quello che succedeva.

Almeno, si sarebbe potuto puntare su una trama scarna e semplice, senza fare troppi voli pindarici (Avatar, anyone?). Invece, assistiamo a presuntuose lezioncine zen e racconti poetici su come è fatto il sole nel nostro mondo. E ad alcuni dei dialoghi più nonsense ascoltati ultimamente, che danno vita a un universo la cui coerenza è inesistente. E mi stupisco della libertà concessa all'esordiente Joseph Kosinski. Va bene se sei Steven Spielberg e magari al trentesimo film, ma se hai fatto solo pubblicità, forse sarebbe il caso di avere un produttore che ogni tanto ti dice no.

Di sicuro, il carisma di Garrett Hedlund (ammesso e non concesso che lo abbia) non è sufficiente per reggere un film cosi ambizioso. Cosi come non convince l'istrionico Michael Sheen (sulla linea "vorrei essere David Bowie ma non posso"), che sembra uscito fuori da una pellicola di John Waters. Ma l'impresa 'maggiore' è quella di tirar fuori una pessima interpretazione dal premio Oscar Jeff Bridges, qui costretto a pronunciare dialoghi imbarazzanti e compiere atti illogici.

A salvarsi, diventando nettamente la cosa migliore del film, le musiche dei Daft Punk (che appaiono anche in un cammeo, nei panni dei due dj, ovviamente con casco in testa), decisamente una delle migliori e più trascinanti dell'anno. Basta per ritenersi soddisfatti? Ovviamente no. Al posto del nuovo mondo promesso, ci è stato offerto un universo già visto e che non sorprende. Al massimo, l'unico trionfo della pellicola è nel tasso di presunzione...
 

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