Trolls World Tour, la recensione

Come nella più tipica tradizione tutto il buono di Trolls in Trolls World Tour viene annullato a favore di un marketing migliore che si traduce in un film peggiore

Critico e giornalista cinematografico


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TROLLS WORLD TOUR, DISPONIBILE IN DIRECT TO VOD: LA RECENSIONE

Ce ne voleva davvero per realizzare un simile pasticcio! Trolls World Tour prende tutto quello che di buono aveva il primo film e lo annulla. In una mossa tipica da grande studio il sequel viene rimestato, cambiato, aggiustato e indirizzato verso il marketing migliore possibile, fino ad annullarne l’originalità, aumentarne la convenzionalità e distruggerne la personalità. E non che ce ne fosse troppa già nel precedente! Trolls era una versione rimescolata di The Lego Movie, con meno originalità nell’umorismo, e tutto a favore di bambole degli anni ‘50. Ma almeno quel film abbracciava un punto di vista gay-friendly con una determinazione camp di ferro che ne faceva una love story di brutti e fuori dai canoni a suo modo tenera e a tratti coinvolgente. Era in tutto e per tutto un veicolo vendi bambole ma almeno era stato confezionato bene e la sua morale inclusiva la metteva in pratica.

Trolls World Tour di buono ha solo la qualità tecnica. Il resto è una trama che amplia il mondo del precedente (regola n.1 del buon sequel per uno studio), facendo scoprire in fretta e furia ai Troll che esistono altri regni caratterizzati da altri generi musicali e quindi ampliando i personaggi (regola n.2) e aumentando tutte le caratteristiche del film precedente (regola n.3) come i numeri musicali. Infine il more of the same che anima Trolls World Tour utilizza la cornice della ricerca di diversi oggetti per comporne uno mitico (come gli anelli del Signore degli Anelli, come gli horcrux di Harry Potter come le Gemme dell’Infinito di Avengers e molto altro). Ogni regno una corda, ogni corda un genere, tutte insieme un grande potere. A volerle radunare marciando sugli altri regni è la regina del Rock. La nostra protagonista (regina del Pop) cerca invece la strada della mediazione viaggiando attraverso i regni del Country, della Classica e del Funk (la Techno ormai è andata).

Ma la musica, cioè il cuore del film, è completamente sbagliata. Quello che viene chiamato Pop non è Pop, si dice che la Disco sia morta poi è c’è un brano Disco e anche il Country non è tale, il Rock poi non ne parliamo. Sembra un film che parla di musica a un pubblico cui la musica non interessa ma ascolta solo quel che le radio commerciali passano ed è convinto che all’interno di quel piccolo spettro di hit gigantesche si trovino tutti i generi. È la versione animata di Rock Of Ages e del suo totale appiattimento dell’idea di rock su armonie in realtà innocue e innocenti. E pur non essendo grave come quel musical, lo stesso questo film d’animazione si riempie la bocca (e ci riempie le orecchie) di sciocchezze musicali senza una vera ragione. Anche il film precedente aveva quest’idea zuccherosa e spensierata di feel good music da classifica, e andava benissimo perché ci si divertiva e la prendeva con la leggerezza dovuta. Questo ha tutte altre aspirazioni che non gli interessa minimamente raggiungere.

Senza contare che la morale finale, così ostentata e ripetuta, è nuovamente la tolleranza e l’inclusività dei diversi. Stavolta la metafora musicale può essere, se la si vuole vedere così, sia una questione di identità di genere che di etnie: Trolls World Tour è sufficientemente vago per essere entrambi ma di fatto non gli interessa nessuno dei due ambiti e probabilmente sono tutte letture eccessivamente approfondite.

Se tuttavia il primo film almeno concretizzava quest’estetica camp con una storia che fosse coinvolgente tra brutti e scemi (cosa a suo modo fuori dai canoni per davvero), questo canta come sempre i belli e cool, il successo e i primi della classe. Già visto, già sentito e anche fatto meglio di così.

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