Trois Amies, la recensione: tutto l'intreccio dei triangoli amorosi senza la passione
Le tre amiche di Trois Amies amano, fanno sesso e cercano qualcosa ma tutto senza nessun impeto e dal punto di vista più amaro
Mouret è truffautiano dentro. Anche nei fallimenti come Trois Amies, che inizia proprio con il tipo di variazione sui soliti titoli di testa da Truffaut, con una voce fuoricampo che ci spiega che i luoghi (vuoti) che stiamo vedendo sono quelli in cui sarà ambientata la storia che seguiremo. Metacinema addomesticato e reso accattivante per introdurre un film che fa il contrario. La storia è quella di tre amiche e delle girandole dei loro amori, tradimenti e altri intrecci, anche fatali, materia da romanzetto trasformata in cinema sofisticato tramite un processo di asciugamento dei sentimenti che, no, proprio non è truffautiano.
L’obiettivo è quello di riuscire ad applicare lo stesso filtro di Jules et Jim, in cui una voce fuoricampo asettica e una recitazione molto trattenuta (ma che sapientemente fa scappare sentimenti da mille piccoli gesti), in accordo con i costumi dell’epoca, agiscono in antitesi a quello che viene detto e viene fatto. Si dice che qualcuno brucia di passione e lo si vede fermo. Questa soluzione in quel film è un’arma affilatissima, che invece di soffocare le passioni le esalta facendole passare da feritoie strette, in questo film invece non funziona mai, perché quegli spiragli non si creano.