Trieste Science+Fiction 2018, Solis: la recensione

La recensione del film Solis, presentato in anteprima italiana al Trieste Science+Fiction Festival

Condividi

Non potrebbe esserci forse un incubo peggiore per un astronauta rispetto a quello di risvegliarsi improvvisamente nello spazio e scoprire di essere alla deriva, a bordo di una capsula di salvataggio, verso il sole, con l'ossigeno in esaurimento e solo 90 minuti prima di affrontare una morte certa. Troy Holloway, il protagonista del film Solis interpretato da Steven Ogg, affronta proprio questo insieme di disastri potenzialmente mortali e lo fa portandosi inoltre il peso di un lutto in famiglia che lo ha segnato profondamente e di un matrimonio che sta andando in mille pezzi. A cercare di infondergli la forza e la voglia di vivere è il Comandante Roberts (Alice Lowe) tramite un collegamento radio a tratti intermittente e alla guida della missione di soccorso che sta cercando di raggiungere Holloway prima che sia troppo tardi.

Il regista Carl Strathie firma un racconto di sopravvivenza in cui l'ambientazione sci-fi non mette mai in secondo piano il dramma umano affrontato dal proprio protagonista, più impegnato a combattere i propri demoni interiori che gli inconvenienti tecnici posti sul proprio cammino verso la salvezza. Il filmmaker trova il giusto equilibrio tra gli aspetti visivi e gli elementi più personali della storia, creando visivamente una realtà ben curata nonostante un budget non particolarmente elevato, e permette a Ogg di regalare una performance ben strutturata e ricca di sfumature.

A penalizzare un po' Solis è in alcuni passaggi la sceneggiatura che fatica a creare una progressione fluida degli eventi e rendere l'interazione, a tratti ripetitiva, a distanza tra Holloway e Roberts non forzata e naturale. Il progetto, tuttavia, sfrutta con intelligenza le proprie risorse per creare una realtà suggestiva ed efficace, sfruttando l'espressività e il carisma di Ogg, recentemente apparso nella serie The Walking Dead, per far leva sugli aspetti più psicologici della trama rispetto a quelli fantascientifici.

La costruzione della tensione è piuttosto tradizionale, ma Solis trova il modo di ritagliarsi un proprio posto all'interno del panorama dei progetti sci-fi indipendenti, dimostrando una buon controllo degli aspetti tecnici da parte di Strathie e un'ottima conoscenza del genere sfruttata non in modo eccessivo dal filmmaker per confezionare un lungometraggio in cui non mancano riferimenti ai cult del passato.

Continua a leggere su BadTaste