Trieste Science+Fiction 2018: Peripheral, la recensione

La recensione del film Peripheral, presentato al Trieste Science+Fiction Festival

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La protagonista di Peripheral, il nuovo film diretto da Paul Hyett, è una scrittrice alle prese con un blocco creativo che le rende impossibile concludere il suo secondo romanzo, con una stalker (Rosie Day) alla disperata ricerca della sua attenzione e un'editor (Belinda Stewart-Wilson) che attende con impazienza di pubblicare il suo libro inedito. Bobbi Johnson (Hannah Arterton) è reduce dal successo di Bite the Hand, un romanzo che ha ottenuto un'incredibile attenzione in una generazione britannica pronta a scendere in piazza e protestare. La giovane è però segnata da una vita all'insegna delle difficoltà economiche e dalla dipendenza dalle droghe, realtà che le rende davvero difficile mantenere l'attenzione necessaria a rispettare le scadenze previste dalla sua casa editrice. Bobbi, ormai disperata e senza riscaldamento, accetta la proposta di farsi aiutare da un computer dotato di una nuova tecnologia in grado di migliorare in tempo reale l'opera e di aiutarne la stesura in tempi rapidi, lasciando da parte la sua vecchia macchina da scrivere.
La sua scelta la portano però a lottare contro se stessa, le richieste degli altri e una tecnologia sempre più invadente e in grado di controllare ogni aspetto della sua vita.

La sceneggiatura scritta da Dan Schaffer delinea una protagonista femminile la cui discesa verso la follia e la dipendenza da una sostanza che le è stata fornita dall'ex fidanzato (Elliot James Langridge) ha degli effetti visibili anche fisicamente e la portano a una consapevolezza maggiore nei confronti del proprio ruolo di scrittrice e di come si possa essere controllati da un sistema economico e politico in grado di fare progressivamente a pezzi l'integrità e l'identità di un individuo. Hannah Arterton riesce a dare vita con bravura a una donna che ama la solitudine e la letteratura del passato, dovendo però confrontarsi con una società contemporanea in cui essere diversi e "scollegati" dal resto del mondo risulta quasi un'anomalia da correggere con un nuovo software.

Peripheral, nonostante alcuni passaggi che rischiano di risultare grotteschi ed effetti speciali che evidenziano il budget limitato a disposizione, regala degli spunti di riflessione interessanti e ben sviluppati.
Rosie Day, con la sua parte di una fan pronta realmente a tutto pur di incontrare il suo idolo, regala una performance davvero ricca di sfumature, soprattutto nel finale in cui il personaggio assume ancora più importanza, e una buona dose di umorismo britannico, in particolare nelle sequenze in cui il tecnico arriva a installare i componenti aggiuntivi della macchina a casa di Bobbi, sostengono un lungometraggio appesantito da alcune ripetizioni, passaggi sopra le righe e scene psichedeliche. L'intensità della protagonista e l'esperienza di Hyett nel creare un'atmosfera claustrofobica e angosciante permettono a Peripheral di mantenere l'attenzione su una storia che riesce a trasmettere il suo messsaggio a favore della libertà creativa ed espressiva con grande chiarezza.

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