Trieste Science+Fiction 2018: Man Divided, la recensione
La recensione del film Man Divided, presentato all'edizione 2018 del Trieste Science+Fiction Festival
Nel 2095 la Terra è stata colpita da una catastrofe: gli oceani si sono sollevati e l'acqua dolce è scomparsa, così come ogni pianta e animale. Gli scienziati hanno deciso di compiere degli esperimenti legati ai viaggi nel tempo, considerando i QUANTA, ovvero degli agenti divisi in due gruppi molecolari, la possibile soluzione ai problemi, potendo infatti inviare una metà nel passato rimanendo comunque ancorati al presente. Fang Rung (Carsten Bjørnlund), a capo dei servizi segreti, manda quindi nel 2017 la sua altra metà, Gordon Thomas, per provare a rintracciare la scienziata Mona Lindkvist (Sofia Helin), le cui ricerche avrebbero potuto impedire la catastrofe se la donna non fosse però morta in un disastro aereo. La situazione è resa poi ancora più complicata da un legame personale con Mona e dal fatto che Gordon si innamora della vita nel passato, costringendo così Fang Rung a compiere un viaggio per rintracciare la sua "metà" e impedirgli di compiere delle radicali modifiche al passato che avrebbero delle ovvie conseguenze sul presente.
Kestner, sfruttando la sua esperienza nei documentari, riesce a creare una realtà distopica realistica e curata in ogni minimo dettaglio, anche nelle inevitabili citazioni ai capolavori del genere come il cult diretto da Ridley Scott. Visivamente Man Divided possiede quel fascino e quell'aspetto post-apocalittico che conquista lo sguardo degli spettatori, mentre Bjørnlund si destreggia piuttosto bene con un ruolo volutamente controllato nella sua emotività ed espressività. Il resto del cast appare meno convincente e il lavoro compiuto dal filmmaker deve sopperire alle performance un po' sbiadite e ai passaggi a vuoto dell'ambizioso script di Dunja Gry Jensen.
Le difficoltà nel seguire l'evolversi della storia rende tuttavia complicato lasciarsi coinvolgere dagli eventi, permettendo solo in parte di apprezzare il buon lavoro compiuto da Max Kestner che confeziona un lungometraggio il cui fascino rimane ancorato alle immagini più che all'approccio con cui si sono affrontate le tematiche e le emozioni al centro della trama.