Trieste Science+Fiction 2018: Lajko - Gipsy in Space, la recensione

La recensione di Lajko - Gipsy in Space, presentato all'edizione 2018 del Trieste Science+Fiction Festival

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Il regista ungherese Balázs Lengyel infonde alla sua opera prima Lajko - Gipsy in Space una buona dose di umorismo dark e critica sociale nel mostrare le relazioni tra Ungheria e Unione Sovietica negli anni '50, raccontando la storia di un uomo che va verso un destino impostogli dal regime comunista dietro la falsa promessa di un futuro quasi eroico.

Gli eventi raccontati sul grande schermo sono ambientati nel 1957, quando l'Unione Sovietica decide di dare al suo alleato la possibilità di scegliere il cosmonauta che compierà il primo volo spaziale con equipaggio umano. Il candidato perfetto sembra essere Lajkó Serbán (Tamás Keresztes), il primo pilota di etnia Rom e attirato dal sogno di raggiungere le stelle fin da quando era un bambino. Il protagonista viene quindi sottoposto a una serie di prove necessarie a stabilire se sarà proprio lui, o uno dei suoi agguerriti avversari, a partire verso lo spazio, senza sapere che i Sovietici hanno già inviato cinque razzi, senza mai farne tornare indietro uno.

Il film si sviluppa lungo una serie di episodi alimentati da un divertente cinismo nel mostare i vari tentativi di Lajko nel raggiungere le stelle che tanto sogna: dall'esperimento "esplosivo" compiuto da bambino ai tentativi compiuti con la collaborazione dello "zio" Jenö (József Gyabronka), la cui sessualità assumerà un ruolo centrale verso la fine del lungometraggio con una sequenza al limite dell'assurdo in cui il personaggio vive "apertamente" le sue prime esperienze con un altro uomo.

Dopo una parte centrale che mostra Lajko gareggiare contro un monaco buddista, un separatista estone e una donna segnata dagli esperimenti nazisti, l'atto conclusivo della storia abbandona l'atmosfera più leggera e scanzonata per dare maggior spazio alla malinconia nel momento in cui l'astronauta si ritrova a dover lottare per la sopravvivenza.

L'interpretazione di Tamás Keresztes è essenziale per la buona riuscita del progetto e l'attore riesce a mantenere un'espressione quasi di innocente stupore di fronte agli intrighi della politica e di determinazione nell'intraprendere i propri esperimenti e le missioni che deve affrontare. József Gyabronka, invece, ben si adatta alle situazioni sopra le righe che contraddistinguono l'ultimo capitolo del film, trovando il giusto approccio anche al compito di diventare voce narrante di un lungometraggio.

Non tutte le battute ideate da Balázs Lengyel e Balázs Lovas raggiungono il proprio obiettivo o risultano realmente comiche, e la rappresentazione piuttosto stereotipata dei personaggi secondari rende alcune scene poco digeribili, tuttavia l'approccio ironico a una situazione politica che continua ad avere rilevanza nel presente e agli eccessi che contraddistinguono il desiderio di realizzare i propri sogni rendono il film una visione in grado di intrattenere con una certa intelligenza.

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