Trieste Science+Fiction 2018, Future World, la recensione

La recensione di Future World, film di James Franco presentato in anteprima italiana al Trieste Science+Fiction Festival

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Il regista e attore James Franco perde l'occasione di firmare, in collaborazione con Bruce Thierry Cheung, un film sci-fi post-apocalittico originale limitandosi a inserirsi, senza convincere, nella scia creata da filmmaker del calibro di George Miller e Ridley Scott.

Future World è ambientato in un mondo senza acqua e nemmeno carburante. Il malvagio Waterlord (Franco) ha assunto il controllo di quasi tutto il territorio e delle piccole comunità rimaste in vita. Uno dei pochi luoghi rimasti pacifici e intatti, Paradise Beach/Oasi, è governato da una donna purtroppo malata (Lucy Liu). Suo figlio, Prince (Jeffrey Wahlberg), decide di partire per andare alla ricerca della medicina che potrebbe salvarla e arriverà a Love Town, un'area governata da Love Lord (Snoop Dogg), dove le donne vengono usate come oggetti sessuali e controllate totalmente dai propri clienti, tramite collari elettrificati.

Il destino di Prince si intreccia però con quello di Ash (Suki Waterhouse), androide mortale e spietata che finisce nelle mani di Warlord, ma che stabilisce un forte legame con il ragazzo.

Cercare di comprendere realmente le motivazioni che animano i protagonisti del film risulta piuttosto inutile: lo script è semplicemente un accostamento di idee legate debolmente da un filo comune e dai tanti riferimenti cinematografici. Le sequenze in cui le moto sfrecciano nel deserto, con i guidatori muniti di caschi "accessoriati", sembra una brutta copia di Mad Max e altri passaggi attingono a piene mani dal cinema di genere senza però trovare una propria personalità.

La partecipazione di numerose star, come l'esperta Milla Jovovich in quella che forse è la parte più convincente di Future World, solleva in più passaggi un progetto che ruota intorno a stereotipi e personaggi unidimensionali, interpretati senza particolare convinzione dalla coppia composta da Suki Waterhouse, eccessivamente inespressiva persino nel ruolo di una creatura tecnologica, e da Wahlberg, in difficoltà a gestire la parte di un "eroe" privo di spessore.

Uno degli elementi comunque da salvare del progetto è la fotografia di Peter Zeitlinger che risulta in grado di infondere un certo fascino alle immagini, passando dalle assolate riprese nel deserto e nell'Oasi all'oscurità degli spazi chiusi e in preda ai vizi e ai lati più oscuri degli esseri umani.
La colonna sonora firmata Toydrum, al contrario, appare invadente e dalle sonorità quasi indistinguibili rispetto ad altri titoli sci-fi. I montatori Alex Freitas e William Paley, inoltre, non hanno contribuito a rendere la narrazione fluida, costruendo un lungometraggio in cui si procede quasi per capitoli e in cui riflessioni sul significato dell'anima o dell'umanità si alternano alle sequenze d'azione e passaggi inutilmente legati alla sessualità.

Dalle conseguenze dei comportamenti umani sull'ambiente alla riduzione delle donne in oggetti, ogni possibile tematica fonte di potenziali spunti interessanti è stata ridotta a delle idee prese in prestito che non vanno oltre una superficie affascinante, rendendo Future World uno dei passi falsi del poliedrico James Franco.

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