Treme (quarta e ultima stagione): la recensione
La quarta stagione di Treme conclude splendidamente l'ultimo affresco televisivo di David Simon
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"Il mondo è tutto ciò che accade". E ogni cosa merita di essere raccontata, anche la più piccola, anche la più insignificante, forse perché più facilmente riusciremo a ritrovarci in quella più che in ogni altra grande vicenda. E questo non ha fatto che ribadircerlo David Simon, con The Corner, con The Wire, con l'ultima stagione di Treme. Sinceramente è assurdo analizzare queste ultime cinque puntate riassumendo i fatti, i personaggi, le svolte. Qualcuno morirà, qualcuno si innamorerà, qualcuno troverà la forza di andare avanti e di ricominciare, e intanto la musica continuerà a suonare.
Non c'è inizio, non c'è fine, solo una breve parentesi di poche vite all'interno di quel corpo pulsante e quasi annegato che è la città di New Orleans, protagonista come e più delle persone che la abitano. Il luogo fisico e concreto che smette di essere contenitore indifferente e vuoto delle vicende che sono intrappolate al suo interno per viverle in prima persona, motivarle, dar loro un senso. La testa sott'acqua, la vita che continua a circolare al ritmo dei balli lungo le strade come il sangue pompato nelle vene. È in quel momento che dalla morte apparente la musica si alza per purificare, il momento catartico che torna a far rivivere i personaggi. Morte, musica e vita.