The Tree of Life - la recensione

Un architetto insoddisfatto, nel recarsi al capezzale della madre morente compie un viaggio metafisico nella memoria. Terrence Malick c'è riuscito ancora una volta...

Critico e giornalista cinematografico


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Sia per la Bibbia che per il Corano Giobbe è l'uomo giusto messo alla prova da Dio per dimostrare come non si debba giudicare l'operato divino in base ai parametri umani. The Tree of Life comincia con una citazione su Giobbe.

La storia è presto detta sebbene non semplice da ricostruire lungo la frastagliata ed episodica narrazione malickiana. Un architetto insoddisfatto (Sean Penn), nel recarsi al capezzale della madre morente (una Jessica Chastain che ricorda moltissimo la Sissy Spacek di La rabbia giovane) compie un viaggio metafisico oltre la morte e indietro nella memoria a quando era ragazzo. Intorno all'età di 14 anni fa infatti due lutti colpiscono la sua famiglia e prende coscienza del rapporto conflittuale con il padre.

L'obiettivo di Malick era narrare la vita nel senso più lato possibile. La vita dell'uomo, degli animali, delle piante e del pianeta, soggetta alle leggi naturali e della grazia, il contrasto tra esigenze terrene e necessarie aspirazioni trascendentali. La grazia e la natura negli uomini come nei dinosauri.

Tra ampie digressioni sull'origine dell'universo e della Terra, scene da microscopio e da telescopio, dinosauri e feti The Tree of Life fa un racconto per scene, esasperando lo stile frammentato di Terrence Malick. Il regista racconta una vita intera mostrandone solo un dato momento e senza l'aiuto di una trama propriamente detta. Come se si chiedesse quali siano le immagini, le visioni e i colori in grado di raccontare una vita, non tanto nei suoi eventi ma nel suo più profondo sentire. Raccontare sentimenti senza legarli ad eventi.

Ecco, The tree of life riesce nella titanica impresa di mettere davanti agli spettatori il più clamoroso dei contrasti, quello tra sofferenze e gioie terrene rispetto all'immensità dell'assoluto. Ponendo l'origine di tutto e la sua fine come confini facilmente oltrepassabili.

Come esempio della portata, basti dire che lungo il corso del film gli uomini si chiedono il perchè delle sofferenze che Dio impone loro, i figli si chiedono il perchè di un'educazione repressiva da parte del padre. Il macro e il micro, continuamente messi a confronto, siano cellule e pianeti che uomini e dei.

Come sempre, Malick raggiunge i suoi obiettivi passando per tutto ciò che non è umano. I rumori ambientali sono presenti con una forza pari solo a quanto la fotografia di Lubezki insiste sulla luce solare (il film si apre e si chiude su dei girasoli e in mezzo i raggi controluce sono una costante) e sulla "sostanza" materiale e tattile degli elementi naturali. Animali, piante, vento, terra, acqua e uomini hanno lo stesso peso e la stessa importanza nelle inquadrature di Malick, per questo non c'è momento in The Tree of Life in cui anche la più nota delle inquadrature non stupisca.

Moltissimo viene da 2001: Odissea nello spazio (immagini di pianeti che eclissano il sole, un meteorite come il monolito, la musica classica...), anche grazie al comune utilizzo di Douglas Trumbull, eppure lo stesso il film vive su alcuni momenti spiazzanti e di una bellezza devastante come un feto nascosto dietro la membrana ovulare che ricorda un volto dietro una tenda.

The Tree of Life è un film altissimo che lavora dentro lo spettatore. Malick c'è riuscito ancora.

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