Tre sorelle, la recensione
La commedia è stantia, ma una volta tanto si percepisce oltre alla ricerca del piacere nei personaggi anche il piacere di narrare di Enrico Vanzina
La filmografia di Enrico Vanzina senza il fratello Carlo, specialmente da quando è anche diventato regista dei suoi film, ha virato verso una raffigurazione leggermente diversa del mondo-Vanzina. Sono sempre i borghesi della peggior specie i protagonisti, o arricchiti da poco o nati e cresciuti in contesti agiati che tuttavia hanno mentalità chiuse, piccine, egoiste e spaventate degli altri. Solo che adesso entrano in scena anche figure intellettuali e i film stessi hanno altri profili che si misurano in citazioni colte. Ma non citazioni “messe in scena” (cioè soluzioni di scrittura o di regia prese altrove che omaggiano i loro modelli) ma citazioni pronunciate (fare i nomi degli autori, pronunciare i titoli delle loro opere), quindi forse sarebbe più corretto dire “menzioni” più che “citazioni”. Di fatto sono film che sembrano rivolti ad un altro pubblico, sempre i professionisti agiati in cerca di escapismo a buon mercato, ma di quella tipologia che in una vita intera ha affiancato le partite di calcio a buone letture, che non disdegna del jazz e conosce i classici. O forse sono gli stessi di prima che sono cambiati con l’età.
Certo se si va a poi a discutere cos’è che scorra si scopre che sono le consuete situazioni riciclate, cosa sulla quale non ci sarebbe nulla di male in sé se non fosse che l’uso di strutture ripetitive poi non crea nuovo senso. Non siamo nel mondo dei generi classici, in cui le gabbie e le regole non fanno che mettere in evidenza le piccole variazioni che creano senso, ma semmai in quello della convenzione. Sono le musiche incancrenite e gli ingranaggi sempre più arrugginiti di una macchina che sarà pure oliata da uno script di grande maestria ma sotto sotto è sempre più scricchiolante a mano a mano che il tempo passa e la capacità di sorprendere diminuisce.
Non sfugge che questo Vanzina lo faccia, come detto, con una camionata di menzioni intellettuali a sua volta. Chiara Francini (eccezionale come non le capitava da anni, decisamente la cosa migliore del film che come sempre nei Vanzina necessita dell’apporto e della verve di chi recita) sciorina nomi di battesimo ostentando confidenza, elenca film intellettuali per definire se stessa, in un film che sciorina nomi di scrittori ed elenca film per definire se stesso. Ma il suo non è un modello di intellettuale borioso anzi, è pop e intellettuale senza impegno e con (di nuovo) molto godimento per quel che legge, ascolta e vede che comunque, come sempre nella filmografia di Enrico (e prima con Carlo) ha una sua personalità unica.