Tre sorelle, la recensione

La commedia è stantia, ma una volta tanto si percepisce oltre alla ricerca del piacere nei personaggi anche il piacere di narrare di Enrico Vanzina

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Tre Sorelle, il film di Enrico Vanzina dal 27 gennaio su Prime Video

La filmografia di Enrico Vanzina senza il fratello Carlo, specialmente da quando è anche diventato regista dei suoi film, ha virato verso una raffigurazione leggermente diversa del mondo-Vanzina. Sono sempre i borghesi della peggior specie i protagonisti, o arricchiti da poco o nati e cresciuti in contesti agiati che tuttavia hanno mentalità chiuse, piccine, egoiste e spaventate degli altri. Solo che adesso entrano in scena anche figure intellettuali e i film stessi hanno altri profili che si misurano in citazioni colte. Ma non citazioni “messe in scena” (cioè soluzioni di scrittura o di regia prese altrove che omaggiano i loro modelli) ma citazioni pronunciate (fare i nomi degli autori, pronunciare i titoli delle loro opere), quindi forse sarebbe più corretto dire “menzioni” più che “citazioni”. Di fatto sono film che sembrano rivolti ad un altro pubblico, sempre i professionisti agiati in cerca di escapismo a buon mercato, ma di quella tipologia che in una vita intera ha affiancato le partite di calcio a buone letture, che non disdegna del jazz e conosce i classici. O forse sono gli stessi di prima che sono cambiati con l’età.

Non cambia invece il cuore del pensiero vanziniano cioè la ricerca del piacere e l’inseguimento della possibilità di una vita edonistica ad ogni età. Questa volta, piacevolmente, sono quattro donne le protagoniste (e Vanzina tende a dare il meglio quando racconta storie di donne), come dice il titolo Tre sorelle più una massaggiatrice spagnola che si aggiunge al gruppo, prese in avventure estive separate che si intersecano grazie a svelamenti, equivoci, identità nascoste e scoperte amorose, come nella commedia viennese che piace ad Enrico Vanzina. Però stavolta non sono solo i personaggi ad inseguire il piacere (ed è forte come per le donne sia sempre molto più difficile che per gli uomini) ma è Enrico Vanzina stesso che sceglie uno stile di racconto rilassato e libero, che si diverte a far narrare gli eventi a personaggi diversi che parlano in camera e sembra molto più rilassato del solito. Cosa che si traduce in una piacevolezza narrativa che fa scorrere tutto il film a meraviglia e in modi sconosciuti alle molte altre commedie italiane che vediamo.

Certo se si va a poi a discutere cos’è che scorra si scopre che sono le consuete situazioni riciclate, cosa sulla quale non ci sarebbe nulla di male in sé se non fosse che l’uso di strutture ripetitive poi non crea nuovo senso. Non siamo nel mondo dei generi classici, in cui le gabbie e le regole non fanno che mettere in evidenza le piccole variazioni che creano senso, ma semmai in quello della convenzione. Sono le musiche incancrenite e gli ingranaggi sempre più arrugginiti di una macchina che sarà pure oliata da uno script di grande maestria ma sotto sotto è sempre più scricchiolante a mano a mano che il tempo passa e la capacità di sorprendere diminuisce.

Unico sollazzo per il pubblico è vedere il sollazzo di Vanzina stesso che critica (quello sì con gusto, ironia e molta capacità di mettere a fuoco quel che conta) intellettuali e finti intellettuali, i tic del cinema e della letteratura alta italiana. Che sono più i tic dei salotti italiani in cui si parla di cinema e letteratura, ma va bene lo stesso.

Non sfugge che questo Vanzina lo faccia, come detto, con una camionata di menzioni intellettuali a sua volta. Chiara Francini (eccezionale come non le capitava da anni, decisamente la cosa migliore del film che come sempre nei Vanzina necessita dell’apporto e della verve di chi recita) sciorina nomi di battesimo ostentando confidenza, elenca film intellettuali per definire se stessa, in un film che sciorina nomi di scrittori ed elenca film per definire se stesso. Ma il suo non è un modello di intellettuale borioso anzi, è pop e intellettuale senza impegno e con (di nuovo) molto godimento per quel che legge, ascolta e vede che comunque, come sempre nella filmografia di Enrico (e prima con Carlo) ha una sua personalità unica.

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