Travis Strikes Again: No More Heroes è vittima della sua stessa autoreferenzialità – Recensione
Uno spin-off insipido e poco ispirato: la recensione di Travis Strikes: Again No More Heroes
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
È stato così con l’originale No More Heroes, action di per sé appassionante e divertente già durante la rocambolesca scalata alla classifica dei killer più spietati in circolazione, ancor più unico e speciale a giochi fatti, quando viene finalmente svelato da dove provenga, in realtà, la foga assassina del suo protagonista. Anche il bellissimo Contact, RPG quasi sconosciuto pubblicato su Nintendo DS, sbocciava in tutto il suo splendore nel finale, in un dialogo che metteva in dubbio l’operato del videogiocatore e la certezza di aver parteggiato per i “buoni”.
[caption id="attachment_192686" align="aligncenter" width="1000"] In qualsiasi momento è possibile affrontare l’avventura in co-op, con il secondo giocatore nei panni del poco carismatico Bad Man. Così facendo il gioco diventa leggermente più divertente, ma non aspettatevi grossi cambiamenti[/caption]
Già dai vari trailer, rilasciati nel corso dei mesi, si poteva intuire un cambio di registro tutt’altro che convincente, ma mai ci saremmo aspettati un titolo raffazzonato a tal punto, grezzo a livello tecnico, pretestuoso sul piano ludico, artisticamente piuttosto insipido.
Travis Strikes Again: No More Heroes fa altrettanto solo all’apparenza. Di base, infatti, la produzione resta saldamente ancorata a meccaniche classiche di un qualsiasi action tridimensionale, improntato sul combattimento contro orde di minion da abbattere senza pietà. Rispetto ai capitoli regolari della serie, la visuale è più lontana; Travis può menare fendenti in corsa, feature che rende il ritmo più incalzante che mai; a patto di rispettare i tempi di cooldown e di trovare i rispettivi chip di sblocco, si possono sfoderare un nutrito numero di abilità speciali che spaziano dal recupero della vita persa, ad attacchi più o meno devastanti.
Il combat system, a ben vedere, non è affatto disprezzabile. Diverso, per feeling e modalità con cui si risolvono le contese, rispetto a quello visto in azione nei due predecessori, per merito anche di un bestiario relativamente ampio, soprattutto nei livelli finali, ci si gode un’esperienza impegnativa, mai frustrante, relativamente profonda.
Nonostante non si possano anellare combo, né il control scheme abbondi di chissà quanti controlli da impartire, le molte tecniche speciali a disposizione e gli innumerevoli nemici che continuamente vi fronteggeranno fungono da ingredienti sufficientemente speziati per dare vita ad alcuni scontri emozionanti e particolarmente ostici.
Solo alcuni, purtroppo, perché il level design, spesso e volentieri, ci mette del suo per rendere molti, troppi, passaggi anonimi, noiosi, ripetitivi sino all’inverosimile. Miniboss e boss di fine livello, tanto per cominciare, si limitano al classico compitino, occupando la solita arena circolare ed incalzando il nostro con pattern d’attacco relativamente prevedibili e facilmente eludibili.
[caption id="attachment_192689" align="aligncenter" width="1000"] Visto l’alto quantitativo di collezionabili, il replay value è piuttosto elevato, anche considerando le molte zone nascoste all’interno di ogni livello[/caption]
Ciò che è peggio, in alcuni passaggi verrete coinvolti in pessime sessioni platform, dimenticabili ed azzoppate da un sistema di controllo chiaramente in difficoltà nel controllare le evoluzioni aeree di Trevis. Morire, in questi frangenti, sarà molto difficile solo per chi è cresciuto a pane e Super Mario, gli stessi che proveranno un pizzico di tenerezza nei confronti dei designer che hanno voluto (dovuto) inserire, senza alcuna cognizione di causa, un burrone o una piattaforma da raggiungere tra una battaglia e l’altra.
Come se non bastasse, gli espedienti ludici introdotti da ciascun videogioco che il nostro dovrà completare per portare a termine la sua epopea non lasciano affatto il segno. Sia che dobbiate vincere delle gare di moto in un mondo che per stile e colori ricorda i paesaggi digitali di Tron, sia che si tratti di ricostruire la strada verso la location successiva ruotando letteralmente pezzi di scenario, si ha costantemente la sensazione di essere presi in giro.
Nessuna meccanica introdotta incide realmente sull’esperienza, né si costituisce come valore aggiunto. Le feature introdotte non sono approfondite come dovrebbero, né apportano sensibili e perduranti variazioni al gameplay.
Si tratta, semmai, dell’ennesima declinazione della firma, per non dire dell’ossessione, di Suda 51, quella costante ed insistente metareferenzialità, quasi sempre efficace, questa volta esasperata sino a diventare stucchevole, tediosa, di per sé inutile. Lo sfondamento continuo della quarta parete, gli innumerevoli rimandi e citazioni ad altri videogiochi e film, perdono mordente e senso quando ci si accorge che non portano a nulla, che non sorreggono alcuna sovrastruttura artistica e narrativa. Tutto è fine a sé stesso, utile, al massimo, a regalare un piccolo ghigno all’esperto, all’utente navigato.
La trama non porta da nessuna parte, se non ad un finale sconclusionato, che ha l’unico pregio di confermarci che Travis Strikes Again: No More Heroes è a tutti gli effetti uno spin-off, un figlio quasi diseredato, evidentemente concepito e generato con poca voglia, scarso tempo a disposizione, senza un budget adeguato.
Tecnicamente, del resto, si vedono tutti i limiti di uno sviluppo poco accorto. Non che le produzioni Grasshopper Manufacture abbiano mai brillato sotto questo profilo, ma certi rallentamenti, di fronte ad ambientazioni spoglie e personaggi poveri di poligoni, non si possono proprio tollerare.
[caption id="attachment_192687" align="aligncenter" width="1000"] Tra un livello e l’altro dovrete sorbirvi noiosi e prolissi dialoghi in pieno stile visual novel. Scordatevi però di poter intervenire compiendo scelte o rispondendo a domande[/caption]
Anche artisticamente c’è davvero poco da applaudire. Non basta un livello con grafica simil-vettoriale per ammaliarci, né possiamo approvare la scelta di livelli volutamente rozzi, quando non abbozzati, senza una motivazione più forte del voler semplicemente restituire il feeling di una produzione vetusta, quando non indie.
Travis Strikes Again: No More Heroes è vittima della poetica senza compromessi di Goichi Suda, artista, più che game designer, che questa volta non è riuscito a bilanciare le ormai classiche défaillance tecniche e di gameplay di ogni sua creatura, con un comparto artistico all’altezza delle aspettative.
L’amante degli action tridimensionali, tuttavia, avrà pane per i suoi denti, soprattutto considerando l’altissimo quantitativo di collezionabili sparsi per i livelli, grazie ad un combat system non particolarmente profondo, ma certamente dinamico ed adrenalinico, qualità sufficiente per non bocciare in toto la produzione Grasshopper Manufacture. Purtroppo, ci sono fin troppi passaggi a vuoto, troppe sezioni noiose e ripetitive, nessun boss sufficientemente carismatico, né meccanica capace di evolvere realmente il gameplay nel corso dell’avventura.
Ciò che è peggio, si ha la costante sensazione di avere a che fare con un Travis Touchdown che ha davvero poco da spartire con la controparte conosciuta ed amata su Nintendo Wii. Le imprecazioni e la spavalderia saranno pur sempre al loro posto, ma manca il resto, tutto ciò che lo rendeva qualcosa di più di un semplice killer assetato di sangue, con la passione per gli anime e i manga.
Difficile da consigliare, a meno che non siate appassionati del genere o fan irriducibili della saga. Il gioco sa regalare momenti riusciti, ma sono comunque pochi.