Trap, la recensione
Uno dei film più decisi di Shyamalan, Trap fa di più che mettere il pubblico nei panni del killer, cerca di fargli fare i suoi ragionamenti
La recensione di Trap il nuovo film di M. Night Shyamalan con Josh Hartnett in uscita nelle sale il 7 agosto
Questa è la trama perfetta per lui, perché gli consente, almeno per la prima metà del film, di giocare solo con lo sguardo. Il protagonista non può parlare con nessuno di ciò che sta accadendo; si limita a osservare, notare, pianificare, informarsi e pensare a come fuggire, e noi guardiamo e notiamo le cose che nota lui. Non c’è mai una soggettiva, ma è chiaro che il nostro sguardo è il suo, e attraverso questa identificazione entriamo nella sua mente a un livello di profondità che testimonia l’incredibile maestria di Shyamalan. Non solo comprendiamo i suoi processi mentali senza che ci vengano esplicitamente spiegati ("potrei scappare da quel buco", "stanno fermando persone che somigliano a me, sanno come sono fatto"...), ma comprendiamo anche qualcosa di molto più profondo: essere un killer è un peso per questo protagonista. In un momento eccezionale, Shyamalan inquadra un taglierino che viene passato di mano e, semplicemente mostrandocelo attraverso lo sguardo del killer, ci fa comprendere tantissimo riguardo all’istinto di morte, alla disperazione e all’ossessione.
In questo film, che è tutto un gioco di sguardi (il protagonista stesso spiega che il suo movente per uccidere è l’essere guardato in un certo modo dalle vittime), Shyamalan trasforma l’archetipo del thriller psicologico, quello che da Psyco in poi ha caratterizzato il genere. Anche qui, infatti, troviamo un’analisi un po’ troppo specifica e morbosa della mentalità del killer e delle sue deviazioni, ma invece di farci osservare tutto con disgusto (come avviene ad esempio in Il silenzio degli innocenti), ci immedesima nei suoi processi mentali, nei suoi desideri, nei suoi contrasti. Gran parte del film è finalizzata a rendere il rapporto bellissimo che il protagonista ha con la figlia, senza mai dichiarare esplicitamente (ma è implicito) che, se catturato, la perderebbe per sempre. Questa non è solo la posta in gioco e il rischio, ma sono componenti che influenzano il modo in cui il protagonista guarda il mondo e che quindi noi comprendiamo attraverso il suo sguardo.