Transcendence, la recensione
Iperbolico ed eccessivamente fantasioso nelle sue premesse, il primo film del direttore della fotografia di Christopher Nolan ha diversi elementi poco comuni e molto sorprendenti...
Nonostante non possa dirsi di certo "imperdibile" è anche un film più complesso di quel che sembri a prima vista Transcendence, opera prima come regista di Wally Pfister, direttore della fotografia recentemente diventato noto per la frequente collaborazione con Christopher Nolan (tutto Batman, The Prestige e Inception). Nato da una sceneggiatura opzionata da Pfister stesso per diventare il suo primo lungometraggio (dunque non scritta appositamente ma pescata tra quelle già pronte), si tratta di un film di fantascienza tipicamente moderno, in cui le macchine non sono soltanto i cattivi ma qualcosa di più, che cerca di trovare in esse la complessità solitamente riservata all'uomo.
Così la storia in apparenza molto normale (ma occhio al bel ribaltamento finale) che si muove su standard di fantascienza fantasiosi e poco probabili e inizia con un flashforward in stile The Last of us, afferma una sorta di superiorità effettiva delle macchine portando lo spettatore a rimbalzare più volte tra le due fazioni in campo. Nel conflitto della storia infatti non è semplice capire quale sia la parte da prendere, senza dubbio la caratteristica più sorprendente di un film altrimenti condotto sui binari dell'esagerazione meno suggestiva (iperboliche nanotecnologie vicine alla magia).
Cinema, serialità televisiva e videogiochi stanno convergendo sempre di più verso un paradigma apocalittico in cui gli scenari da fine del mondo tendono a privilegiare la minaccia umana, descrivendo l'uomo come la fonte principale di pericolo, ben più di morti viventi e intelligenze artificiali. Transcendence si inserisce pienamente in questa tendenza attualizzando il tema del conflitto con le macchine.