Toy Story 3 - La grande fuga - La recensione

Quando Andy parte per il college, i suoi amati giocattoli vengono portati in un asilo con dei bambini scatenati. Vi siete stufati di parlare di capolavoro per ogni pellicola Pixar? Peggio per voi, qui si continua...

Condividi

Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Toy Story 3
RegiaLee UnkrichVoci originali
Tom Hanks, Tim Allen, Joan Cusack, Ned Beatty, Don Rickles, Michael Keaton
uscita07-07-2010
La scheda del film

Se c'è un difetto della Pixar è che non aiuta i critici. Intanto, mai che si decidessero a fare opere altalenanti, che magari permetterebbero a chi scrive di non dover sempre ripetere gli stessi complimenti. E poi, non realizzano neanche opere palesemente citazioniste, che ti permettono di fare il fico con il lettore notando decine di riferimenti.

A parte gli scherzi (avercene di compagnie così 'cattive'), dietro tutto c'è un grande amore verso il cinema e una conoscenza profonda di questa arte. Prendiamo la prima scena di Toy Story 3, un concentrato d'azione girata e montata con un ritmo perfetto, emozionante e coinvolgente. Una sequenza di questo livello, nel panorama action contemporaneo, la troverete sì e no nel 5% dei prodotti in circolazione. E dire che non dovrebbe essere questo il punto di forza della Pixar!

D'altronde, ormai capire esattamente cosa sia la Pixar non è semplice. Dovrebbe essere intrattenimento per famiglie, giusto? Sì, lo è. Ma allo stesso tempo non lo è, perché l'idea di intrattenimento per famiglie che hanno in questa compagnia è ben più evoluta di quello che si vede in giro. Qui abbiamo momenti decisamente dark e inquietanti (tipo un giocattolo con dei segni di percosse), che di certo non ci si aspetterebbe da un prodotto del genere. O aspetti visionari (l'occhio che ancora vede nella stanza) e surreali (un protagonista, a un certo punto, sembra uscito da un quadro di Dalì). Per non parlare di alcune venature horror (soprattutto per quanto riguarda due personaggi) che rendono la storia ancora più avvincente, oltre a un finale che possiamo ben definire infernale.

Per questo, bisognerebbe sconsigliare il film ai più piccoli? Certo che no, anzi è una perfetta introduzione a un mondo che non deve essere sempre luccicante e perfetto. Qui, volendo, si può apprendere un'importante lezione sulla libertà individuale nella società, sulla ribellione e sul pessimismo di un'anima distrutta, così come assistere a rapporti familiari (che si tratti di umani o di giocattoli, poco importa) straordinariamente ben costruiti. Ed è chiaro dal modo in cui si comportano che non sono soltanto gli umani a essere cresciuti, ma anche i giocattoli.

E poi le cose non dette. Di fronte a un cinema ultradialogato e che non sa più raccontare per immagini, andrebbe studiata a scuola una scena iniziale, con gli occhi tristi di Woody che ci raccontano in mezzo secondo i dieci anni passati tra le avventure del secondo episodio e queste. O magari bisognerebbe osservare con attenzione un flashback incredibile e da pelle d'oca (che sarebbe stato perfetto senza la voce poco convincente di Giorgio Faletti, all'interno di un doppiaggio italiano comunque sopra la media dei prodotti del genere e in generale accettabile).  

Ma occhio a non confondersi, di momenti divertenti ce ne sono a bizzeffe, alcuni irresistibili. Penso alle esilaranti sequenze in cui i giocattoli fanno conoscenza, a uno spettacolo offerto da Ken e ai magnifici titoli di coda (che finalmente ridanno energia a una moda che sta un po' stancando). Così come sono tanti i momenti commoventi, tra ricordi struggenti e passaggi di consegne indimenticabili. Peraltro, a un certo punto, i realizzatori 'giocano sporco' e tra i giocattoli di Bonnie inseriscono un omaggio che fa quasi spuntare una lacrimuccia.

A livello tecnico, è sconvolgente constatare come non si riposi mai sugli allori. Una sequenza con una vettura, per esempio, potrebbe benissimo passare per un momento live-action, se non si sapesse che è digitale. E anche gli umani (non solo nelle forme, ma anche nei movimenti) sono sempre più credibili.

Per quanto riguarda il 3D, francamente non è essenziale, ben fatto ma francamente si può sopravvivere senza. O meglio, si potrebbe sopravvivere senza se prima di Toy Story 3 non ci fosse un cortometraggio, Quando il giorno incontra la notte, che è una delle cose più strabilianti che abbia visto negli ultimi tempi (anche per il 3D). Me lo fossi ritrovato senza sapere niente, avrei pensato che era frutto di qualche animatore indipendente ultrasperimentale e fuori da ogni logica di mercato, che magari per realizzare questo lavoro nella sua cantina ha impiegato 8 anni. Lo fa invece la corazzata Pixar e se ancora non avete capito il modo di pensare di questi geni, questo dovrebbe chiarire tutto...

Continua a leggere su BadTaste