Touched, la recensione | Locarno 76

Scegliendo i corpi giusti per una storia che ribalta molte convenzioni dei rapporti tra sessi, Touched poi non sa affondare quando deve

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

La recensione di Touched, il film di Claudia Rorarius presentato al festival di Locarno

I personaggi di questo film nelle loro vite esistono a prescindere dai loro fisici, e questo benché le loro vite siano condizionate da quei fisici. Uno in seguito ad un incidente ha perso la mobilità delle gambe e di un braccio, l’altra è un gigante obeso. Tuttavia all’interno dell’economia del film esistono unicamente in virtù del corpo che possiedono e quello che quel corpo rappresenta è ciò che li definisce. Bisogna tenere presente questa differenza perché Touched non avrebbe senso se lui non fosse parzialmente immobilizzato (quindi impotente, per quanto non sessualmente) e lei non fosse così fuori formato (quindi potente, dal punto di vista della forza). Quando il film gioca su questi squilibri e su come contrastino con i sentimenti in ballo riesce a dire le cose migliori, ribaltando le convenzioni dei rapporti uomo/donna. Quando se ne dimentica è decisamente più spuntato.

La trama è messa in moto dal fatto che entrambi i protagonisti non si sentono accettati per via del proprio corpo, e quando nella prima parte si incontrano (lei è infermiera appena arrivata nella clinica dove lui è ricoverato) sembrano potersi salvare a vicenda, imbastendo una storia di sesso. Alla lunga però, superata l’eccitazione per questa storia estremamente clandestina, estremamente imprevista e (per lei) unica, emergono frustrazioni e differenze tra i due. Si maltrattano e si dominano a vicenda anche se in maniere differenti e per frustrazioni differenti. Claudia Rorarius però, nonostante un finale duro, sembra sempre svicolare le implicazioni più devastanti, si tiene sul garbato e cerca una delicatezza che forse non paga.

Peccato perché Touched ha il presupposto perfetto con gli attori giusti e lo scenario giusto. Troppo a lungo però cincischia, non va al dunque e pensa che sia la dilatazione la sua arma più affilata. Se dei tempi misurati sono corretti per tutta la prima parte, quando cioè i due devono incontrarsi, sviluppare una fiducia e costruire un rapporto che è imprevisto per chiunque, diventano una mannaia nella seconda parte, quando le variazioni al karaoke o le danze reali e allegoriche ammazzano tutto.

Inoltre Claudia Rorarius, che non ha certo lo sguardo duro di Ulrich Seidl sugli obesi, gestisce molto bene il carattere di lei, come i suoi desideri e il contrasto tra uno strano desiderio di leggerezza che cozza con il suo corpo, una timidezza che si capisce venire dalla vita che ha vissuto e una determinazione che parla bene della sua disperazione, ma è pessima quando si tratta di descrivere lui: terra terra nelle reazioni e dalla vita interiore impalpabile. Una persona il cui apice di complessità è far soffrire gli altri quando si trova a soffrire in prima persona per potersi sentire migliore di qualcun altro. Lo stereotipo del maschio in una storia che sembrava promettere ben altro.

Continua a leggere su BadTaste