Toronto 2013 - The Green Inferno, la recensione
In The Green Inferno l'umorismo riesce, la tensione c’è a tratti e il film non è assolutamente male, ma da un Eli Roth fermo da anni era normale aspettarsi qualcosa di più...
Che Eli Roth sia un grande fan di Ruggero Deodato lo si sa da tempo, almeno da quando in Hostel: Part II non solo chiese al regista italiano di interpretare uno dei cannibali, ma al suo primo giorno di set convinse tutta la troupe a vestirsi con delle magliette con la scritta Cannibal Holocaust. Impossibile non partire quindi da qui per parlare di The Green Inferno, nuovo lavoro del regista americano che, come la pellicola italiana del 1980, è ambientato in Amazzonia e ha come protagonisti una comunità di cannibali pronti a torturare e mangiare chiunque entri nel proprio territorio.
Gli elementi per uno splatter fatto bene ci sono tutti, a partire dal gruppo di protagonisti, una compagnia di ingenui ragazzi spinti da un idealismo da quattro soldi che Roth si diverte a più riprese a prendere in giro. Ci sono le tre ragazze formose di cui inquadrare ogni tanto il bel seno o da mettere a nudo (seppure ricoperte di sabbia bianca) nel finale, c’è l’eroe che si sacrifica e c’è il cattivo della compagnia con il suo bel segreto da rivelare a metà film.
L’umorismo riesce, la tensione c’è a tratti e il film non è assolutamente male, ma da un regista che è stato fermo (almeno cinematograficamente parlando) dal 2007 era normale aspettarsi qualcosa di più.