Toronto 2013 - Bad Words, la recensione

Il primo lungometraggio diretto da Jason Bateman è una commedia che diverte molto pur senza osare più di tanto...

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Jason Bateman ha iniziato la sua carriera nel mondo dello spettacolo a dodici anni con la serie Una casa nella prateria. Da allora ad oggi non si è mai fermato, passando dalla fama iniziale a una di stallo prima di ritornare in grande stile negli ultimi anni, complice anche il successo della serie Arrested Development. Difficile dire che abbia avuto “un’infanzia rubata”, ma non ci sono dubbi che non ne abbia avuta una normale.

Per parlare di Bad Words, ovvero del suo esordio da regista in un lungometraggio (aveva già lavorato più volte per la tv), non si poteva che partire da qui. La storia infatti è quella di un uomo dal lavoro indefinito che, grazie a un cavillo nel regolamento, decide di iscriversi al campionato nazionale di spelling, un torneo normalmente aperto esclusivamente ai bambini. Vuole vincere e non semplicemente partecipare e per farlo è disposto a tutto e tanti saluti alla sportività.

A metà tra Butter (per l’ambientazione della provincia americana e la presenza di Bateman) e Young Adult (lì c’era una donna, Charlize Theron, a fare la “politicamente scorretta”, qui è un uomo), Bad Words è una commedia più che mai spassosa che non ha paura di sporcarsi le mani e pescare nel cinismo (e in un paio di situazioni anche nella volgarità più triviale) per strappare una risata.

Il meccanismo comico è tanto reiterato quanto comunque vincente: far comportare un adulto come il più cattivo dei bambini e ridere non solo per il cosa fa, ma anche per il fatto che lo faccia lui senza provare alcun rimorso. Bateman è bravo tanto come interprete (finalmente un ruolo da bad boy per lui) che come regista: il ritmo è sostenuto, non c’è nessun passaggio a vuoto ed ogni gag è a suo modo riuscita.

La nota negativa è che Bad Words non ha alcuna ambizione maggiore di quella di intrattenere. Tutta la storia personale del protagonista si regge su di un evento precedente davvero misero che viene liquidato frettolosamente verso la fine senza che si sia lavorato davvero sul personaggio. Poco male, forse è meglio un film che vola basso senza ipocrisia, che qualcosa che possa apparire noioso nel suo volere fare una morale a tutti i costi. In un anno in cui le buone commedie americane si contano sul palmo di una mano, lunga vita quindi a questo nuovo Bateman regista.

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