Torino 33 - Lo Scambio, la recensione
Fermamente intenzionato a rifiutare l'estetica da cinema criminale italiano contemporanea, Lo Scambio sembra trovare un'alternativa molto meno convincente
La storia è quella di un commissario di polizia e della sua giornata tra casa (la moglie), il lavoro (c’è un testimone da interrogare), i colleghi e un bambino sequestrato. Tra questi diversi pali sono sballottati i protagonisti con sempre meno passività e sempre più coscienza (da parte dello spettatore) del ruolo che hanno nella storia. I fatti sono ispirati alla realtà ma Salvo Cuccia li ha molto piegati per farli entrare nello schema di un film semplice e mai coinvolgente.
La doppiezza della storia non trova mai convinzione, Lo scambio è spettacolo e non coinvolgimento, una resa artificiosa e distante di un mondo che il cinema ci racconta sempre di più con realismo e partecipazione. La “vecchia scuola” cui pare rifarsi Cuccia non paga, crea solo un divario incredibile tra ciò che la trama racconta e ciò che invece il film fa per rendere tutto credibile e coinvolgente. Non c’è niente in questa controllata indagine negli animi neri che restituisca l’indignazione, lo sgomento e il senso d’ingiustizia che il tragico finale urlatissimo vorrebbe. E più Lo scambio urla, meno sembra avere l’autorità necessaria a colpire nel segno.