Torino 33 - Lo Scambio, la recensione

Fermamente intenzionato a rifiutare l'estetica da cinema criminale italiano contemporanea, Lo Scambio sembra trovare un'alternativa molto meno convincente

Critico e giornalista cinematografico


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In Lo scambio l’elemento più evidente è come voglia trattare i temi del cinema criminale rifiutando l’estetica contemporanea. La televisione prima e poi il cinema hanno formato un nuovo stile per il cinema di mafia, quello di Romanzo Criminale e Gomorra che lentamente ha cominciato ad allargarsi a tutti i film malavitosi. Sì tratta di un uso diverso sia della lingua che della fotografia, una predilezione per l’uso degli ambienti e per l’estetizzazione fortissima delle scene a fronte di un realismo concreto della recitazione e dell’azione. Lo Scambio invece sceglie uno stile pasasto, in linea con la sua ambientazione anni ‘90.

La storia è quella di un commissario di polizia e della sua giornata tra casa (la moglie), il lavoro (c’è un testimone da interrogare), i colleghi e un bambino sequestrato. Tra questi diversi pali sono sballottati i protagonisti con sempre meno passività e sempre più coscienza (da parte dello spettatore) del ruolo che hanno nella storia. I fatti sono ispirati alla realtà ma Salvo Cuccia li ha molto piegati per farli entrare nello schema di un film semplice e mai coinvolgente.

Il cinema criminale è una questione di forma. La forma di Lo scambio, con le sue luci naturalistiche, la sua buona recitazione impostata e i suoi drammi interiori manifestati con teatralità fisica (specialmente dalla madre interpretata da Barbara Tabita), rimandano alla maniera in cui più di dieci anni fa il cinema italiano raccontava queste storie. Il problema è che il film non sembra riuscire a convincere il pubblico che questa scelta, in contrapposizione a quella del cinema moderno, sia più adatta a rendere lo spirito delle vicende.

La doppiezza della storia non trova mai convinzione, Lo scambio è spettacolo e non coinvolgimento, una resa artificiosa e distante di un mondo che il cinema ci racconta sempre di più con realismo e partecipazione. La “vecchia scuola” cui pare rifarsi Cuccia non paga, crea solo un divario incredibile tra ciò che la trama racconta e ciò che invece il film fa per rendere tutto credibile e coinvolgente. Non c’è niente in questa controllata indagine negli animi neri che restituisca l’indignazione, lo sgomento e il senso d’ingiustizia che il tragico finale urlatissimo vorrebbe. E più Lo scambio urla, meno sembra avere l’autorità necessaria a colpire nel segno.

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