Top Gun: Maverick, la recensione

Altra faccia della medaglia del primo film, Top Gun: Maverick ribalta l'esaltazione in tepore ma regala una seconda parte fenomenale

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Top Gun: Maverick dal 25 maggio al cinema

Come è possibile essere ancora Maverick oggi? In un momento in cui il maschio edonista, sbruffone e conquistatore, quello che sgasa con la moto per non sentire ciò che dice una donna che tanto, lo sa bene, è pazza di lui, non è più così ben visto, anzi è il simbolo di ciò che dovrebbe cambiare, anche Maverick deve desiderare un po’ di stabilità e finire più volte con il sedere per terra. Deve sembrare un po’ ridicolo, quantomeno ironico. È lui quello che non viene ascoltato. Non ha fatto carriera mentre tutti intorno a lui sì, continua ad essere uno che agisce al di fuori delle regole, cosa che ieri esaltava e oggi invece fa sorridere. Insomma quella vita che pareva sorridere a quelli come lui, oggi non è che gli vada benissimo. Ma come per Rocky nelle sue diverse iterazioni anche lui, un po’ un relitto di un’altra era che non vuole smettere, ha un’ultima cartuccia da sparare, l’ultimo momento in cui l’aeronautica militare ha bisogno di lui.

Si capisce subito che Top Gun: Maverick non è proprio il tipo di film che era Top Gun. Niente a che vedere con quel senso di esaltazione, niente a che vedere con quel tipo di estetica del piacere, dell’essere e sentirsi i migliori (anzi “l’1% dei migliori” come dicevano), anzi è un film in cui cercare di contare ancora qualcosa e racimolare il poco di serenità rimasta. Tutto questo è portato lungo la prima parte senza particolari abilità, con dialoghi un po’ fumosi e uno svolgimento non proprio impeccabile, se non in certi punti proprio farraginoso e salvato sempre, all’ultimo, dall’umorismo. Il problema è che Maverick è chiamato a insegnare ad un gruppo di Top Gun come eseguire una missione che pare impossibile. Lui è il sistema ora e la storia è quella dei suoi problemi da insegnante non di quelli dei ragazzi (come era il primo), cosa che fa tutta la differenza del mondo. Non siamo loro, ma una persona che fu come loro che li guarda, implicitamente guardando il passato, il suo passato sia del personaggio che dell’attore.

top gun maverick

È difficile sentire quel che dice Maverick e non pensare che sia ciò che potrebbe dire anche Tom Cruise. Quando gli dicono che è ora di smetterla e deve rassegnarsi che è finita, lui risponde: “Non posso, non so proprio come si faccia. Questa non è una cosa che faccio, è quello che sono!”. Di nuovo: sembrano dialoghi di Stallone, invece è Tom Cruise, una persona di 60 anni con capelli tinti di un nero profondo che fa ancora quel che faceva 40 anni fa cercando di sembrare il più giovane possibile.

Il punto è che, come Maverick, lo fa molto bene! Perché se la prima parte è debole, poi inizia l’azione ed è un’altra musica. Radicalmente. Top Gun: Maverick, diretto da Joseph Kosinski, segue le linee guida del duo McQuarrie/Cruise, cioè ha l’azione fenomenale degli ultimi Mission: Impossible e coniuga il passato e il presente dell’action. Ci sono i duelli aerei con un nemico senza nome (come una volta) e la sfida agli elementi, contro di sé e contro il peso della gravità e delle spinte della fisica (come Interstellar).

E tutto è anche raccontato meglio durante l’azione. Nelle due-tre sequenze più dure prima dell’addestramento e poi nella missione c’è una cura nella messa in scena dell’azione che crea sequenze mai viste e sentite prima. Il sound design che mescola rumori ben distinti (quello della cloche che si sposta di colpo pare il metronomo degli eventi) con uno score che assomiglia ai rumori e con infine il fiatone e l’affanno del personaggio, tutto per rendere la fatica e lo sforzo. Se Maverick ha un’identità è quella di chi fa cose impossibili, stavolta ne sentiamo il peso e la pressione (anche effettiva, come ci spiegano) per percepire il rischio di non farcela e la dipendenza da quel mondo lì.

Questo complesso di idee e tecnica crea una seconda parte che è forse, quest’anno, l’esperienza cinematografica definitiva da vivere in sala. Una vera bomba che dura più di 40 minuti e che tra inquadrature mai viste prima (se non nei trailer), tensione ben portata e una narrazione interna all’azione tutta sua, che non ricalca i precedenti, è non una ma 10 volte migliore del primo film.

Cosa ne pensate della nostra recensione di Top Gun: Maverick? Ditecelo nei commenti!

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