Tomb Raider, la recensione
La nostra recensione di Tomb Raider, il film con Alicia Vikander al cinema da giovedì 15 marzo
Tomb Raider (il film) prevede alcuni oggetti tipici della saga, un buon numero di enigmi con ingranaggi e diverse scalate, ma al di là di quello il suo modello è tutt’altro, è Indiana Jones e l’Ultima Crociata da cui mutua quasi tutti i suoi elementi migliori (dal taccuino con gli schizzi al rivale nella ricerca che mira proprio a quel taccuino, fino alla difficile figura paterna e alla grotta piena di prove mortali da superare). La cosa sarebbe anche accettabile, se non proprio auspicabile, se Roar Uthaug mutuasse da Spielberg anche la passione per il genere e la voglia di divertirsi con l’avventura.
Così Tomb Raider dilapida un vero patrimonio di scene e idee che invece sembrano molto ben concepite anche quando hanno il freno a mano tirato. E così la dedizione di Alicia Vikander risulta la parte migliore. Al contrario di Angelina Jolie, che pare sempre attraversare i film come non le interessasse minimamente quel che accade, stando con la testa in un altro luogo di un altro pianeta, Alicia Vikander si impegna, crede al personaggio e riesce in certi punti a dargli un taglio originale, oscillando bene tra l’ordinarietà di una ragazza che non ha mai preso parte a un’avventura e l’istinto dell’action heroin che sta nascendo. Sta in campo in ogni scena e grazie a lei il film ha una scorrevolezza piacevole. Dura quando serve, fragile senza sfociare nello smielato, da attrice vera ha creato una sua Lara che unisce i contrasti in maniera credibile e ci appare più complessa di prima. Di fatto fa più lei per la comprensione e la compassione con la trama di quanto non faccia il film.