Tokyo Mirage Sessions #FE, la recensione
Un gioco di ruolo giapponese crossover tra due serie molto particolari, che riesce ad essere ancora più peculiare delle fonti d'ispirazione: la recensione di Tokyo Mirage Sessions #FE
E' al genere ad alla struttura del gioco di ruolo giapponese che Atlus si è affidata per sviluppare una produzione che mettesse insieme due saghe dal sapore, dal gameplay, dall'iconografia distantissimi e, possiamo anticiparlo senza patemi, è una fusione che non è perfetta, se vogliamo intendere con perfezione la commistione equilibrata ed equa delle due anime ispiratrici. Tokyo Mirage Sessions #FE è molto più Shin Megami Tensei che Fire Emblem, e non solo perché dalla serie Atlus prende di fatto il grosso della struttura ludica, quel peculiare ruolismo all'orientale che si sviluppa attraverso ambientazioni moderne e concede molto poco all'esplorazione, preferendogli il dungeon crawling, il cui impianto narrativo non ha quell'ampio respiro degli esponenti classici del genere ma progredisce invece attraverso capitoli che potrebbero quasi essere episodi a sé stanti.
Quanto la produzione deve alla serie di Intelligent Systems è la presenza di alcuni dei suoi personaggi storici, non nella loro veste originale, ma in forma quasi spettrale, Mirage vengono chiamati, sostegno e arma dei personaggi in combattimento, con i quali si fondono. Il resto è una serie più di omaggi che di veri e propri elementi di gameplay. Certo, c'è la possibilità di promuovere i membri del party, scegliendo tra due percorsi diversi, risuonano in differenti momenti alcune delle melodie e dei jingle storici della saga, insistono nel sistema di combattimento alcune delle sue dinamiche tipiche, dal triangolo delle armi alle vulnerabilità, ma si tratta di elementi che non fanno risaltare in maniera particolare la sua epica, la sua storia, la sua natura. Quanto questo possa essere in effetti un difetto per il giocatore è cosa assai soggettiva, potrà infastidire l'appassionato della serie dell'emblema di fuoco quanto non essere minimamente notato da un altro. Anche perché comunque non inficia in nessun modo il valore complessivo dell'opera.
"nella sua essenza ruolistica la produzione fa molte cose estremamente bene, ma nel suo essere smaccatamente orientale alcune volte inciampa"[caption id="attachment_157760" align="aligncenter" width="600"] Tokyo Mirage Sessions #FE - screenshot[/caption]
Eccola quindi tutta la peculiarità e la giapponesità di Tokyo Mirage Sessions #FE, alla quale non si sfugge. Perché nella sua essenza ruolistica la produzione fa molte cose estremamente bene, su tutte un sistema di combattimento divertente e profondo, che dà il suo meglio quando ci si trova ad affrontare gli impegnativi boss e se ne devono individuare le vulnerabilità, ma nel suo essere smaccatamente orientale alcune volte inciampa, non tanto in un'estetica alla quale chi ha confidenza col medium è abituato e nemmeno in quelle sequenze che mostrano i personaggi mentre si esibiscono microfono alla mano (“idolismo” puro), non frequentissime, quanto piuttosto in quei meccanismi ludici legati al fiorire del talento artistico degli eroi. Performa, viene chiamato nel gioco, quando se ne ottiene uno si possono ottenere abilità, ma solo in un determinato luogo. Similmente funziona il miglioramento delle armi, che concede di ottenere nuove abilità, con oggetti raccolti in combattimento al posto dei Performa. Ne viene fuori una progressione frammentata, che impone al giocatore spessissimo di lasciare quanto sta facendo per tornare alla base a potenziare ora quel personaggio, ora l'altro. Nonostante la struttura del gioco tenga conto di tale meccanismo (i dungeon, per esempio, hanno vari punti di teletrasporto per agevolarne l'esplorazione in molteplici sessioni) lo sbocciare di un nuovo talento o la necessità di far evolvere la propria arma diventano presto sinonimo di tedio.
E' questa meccanica mal concepita, che spezza il ritmo gioco, l'unico vero grosso difetto di Tokyo Mirage Sessions #FE, che per il resto esibisce qualità apprezzabili, grazie al suo intelligente sistema di combattimento, all'intrigante concezione dei dungeon, a personaggi certamente stereotipati ma comunque caratterizzati in maniera convincente. L'esperienza di gioco risulta in qualche modo fresca, vista la sua particolarità, ed è resa solida da un impatto visivo di discreta efficacia, in verità più per meriti della direzione artistica, che ha i suoi picchi più alti nella realizzazione dei Mirage, che del comparto tecnico, che avrebbe beneficiato di sforzi maggiori nella modellazione poligonali e negli effetti. L'accompagnamento sonoro, prevedibilmente, molto concede alle sonorità ed alle melodie J-pop, ma per fortuna vi si alternano anche brani di differente ispirazione. In definitiva piace così com'è, nella sua particolarità, l'ultima produzione di Atlus (e probabilmente l'ultimo JRPG per Wii U), un po' sciocca e un po' profonda, un po' leggera ed un po' impegnativa, quasi sempre divertente, di certo mai banale.