Tokyo Kaido 1, la recensione
Abbiamo recensito per voi il primo numero di Tokyo Kaido, manga di Minetaro Mochizuki
Hashi ha diciannove anni e, in seguito a un incidente, convive con un frammento di automobile conficcato nel cervello, a causa del quale ha un disturbo che lo porta a dire ad alta voce tutto quello che pensa. Hana, invece, ha ventuno anni e soffre di frequenti orgasmi involontari; Mari di anni ne ha sei e crede di vivere da sola al mondo, perché il suo cervello le impedisce di vedere gli altri esseri umani; e infine c’è Hideo, che ha dieci anni ed è convinto di essere in contatto con gli alieni e di avere dei super poteri.
Il lettore si trova di fronte a situazioni grottesche dalle quali emerge l’impossibilità per queste persone di instaurare relazioni e trovare il proprio posto in un mondo che li esclude – Hashi a causa delle sue affermazioni incontrollate, Hana per le difficoltà nel fare anche le cose più banali e Hideo vessato dai compagni di scuola per le sue stranezze – e dal quale sono avulsi per loro stessa natura, come nell’estremo caso di Hana, letteralmente privata del contatto umano.
Un accento va sicuramente posto anche al colorito gruppo di personaggi secondari, che rendono ancora più sottile il confine tra i malati e il resto delle persone, tra i quali spiccano un paziente e una guardia che provengono direttamente da Napoleon Dynamite, il film diretto da Jared Hess.
Con il suo stile di disegno inconfondibile, minimal e preciso, e tramite le inquadrature dei gesti, come le mani che tremano o le spalle che si incurvano, l'autore permette ai personaggi di esprimersi nonostante l’evasività dei loro sguardi.
Citando la quarta di copertina, Tokyo Kaido è la ricerca di un “equilibrio in una vita folle”, un racconto dell'indagine di se stessi in un mondo ostile fatto di esclusione e di abbandoni nel quale non sembra esserci spazio per la diversità.
Minetaro Mochizuki ha vinto il ventunesimo Premio Kodansha nel 1997 e l’Osamu Tezuka Culture Prize nel 2000 grazie alla sua opera seinen post-apocalittica Dragon Head (Planet Manga) e il premio come Miglior serie straniera al Festival d’Angoulême del 2017, grazie al manga Chiisakobe, proposto quest’anno nel nostro Paese da J-POP.