Titanic, la recensione

Abbiamo recensito per voi Titanic, di Attilio Micheluzzi, secondo volume della collana dedicatagli da NPE

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Titanic, anteprima 01

Titanic, uscito in fumetteria e in libreria lo scorso 7 giugno, fa seguito a Michel Labrume nella collana che NPE ha dedicato ad Attilio Micheluzzi, aggiungendo un altro gigante del Fumetto italiano al suo prestigioso catalogo, dopo Dino Battaglia e Sergio Toppi.

Il volume, introdotto da una magistrale prefazione di Loris Cantarelli, raccoglie due fumetti firmati dal maestro di origini istriane e incentrati sul transatlantico più famoso di sempre per la disgrazia che tutti conosciamo: il più recente, che apre e dà il titolo all'elegante cartonato, risale al 1988 ed è la prima collaborazione di Micheluzzi con la rivista Comic Art; il secondo, La Tragedia del Titanic, è datato 1972 ed è stato realizzato per il Corriere dei Ragazzi, in particolare per la serie Dal nostro inviato nel tempo Mino Milani.

Vogliamo partire proprio da quest'ultimo, il brano più breve e probabilmente il più drammatico. Il tono della narrazione è asciutto ma non distaccato nelle numerose didascalie che si alternano ai balloon e che riportano fedelmente i fatti, secondo le informazioni a disposizione al tempo della stesura del racconto: la partenza dall'Inghilterra verso gli Stati Uniti; il fatale scontro con l'iceberg; l'iniziale calma e poi il panico dilagante tra i passeggeri, fino al culmine della sciagura.

Ne La Tragedia del Titanic l'autore sembra interessato soprattuto a descrivere gli angoscianti eventi piuttosto che le vicissitudini delle persone coinvolte, cogliendo nel sensazionale naufragio la parabola del XIX Secolo, fondato sulla fiducia nella Scienza e nel progresso ma conclusosi con la loro crisi, aprendo a una nuova era di dubbi e tormenti.

Titanic, anteprima 02

L'emblema di questa metafora è certamente Thomas Andrews, capo progettista della colossale nave, nonché una delle 1.496 vittime dell'ecatombe avvenuta il 15 aprile 1912, al largo di Terranova; viene ritratto all'inizio nella sua tracotanza e nel prosieguo nella lucida e compassata analisi della disfatta.

Sedici anni dopo, tuttavia, Micheluzzi sente il bisogno di affrontare ancora una volta il più grande incidente della marineria nella storia Titanic, dando luogo a un progetto di più ampio respiro: una vera e propria graphic novel con cui sondare quegli aspetti appena sfiorati nel precedente lavoro, focalizzandosi sulle singole esistenze cancellate dalla tragedia: il suo obbiettivo si sposta dunque sulle persone che sono state inghiottite dai flutti dell'oceano, scavando nelle loro vite e nei loro affetti.

L'artista si sofferma sui rappresentanti più opulenti della società dell'epoca con una punta d'ironia: il magnate americano George Barton Putnam, lanciato verso una brillante carriera politica, l'eccentrico aristocratico inglese Lord Albert Brundell e il suo rivale in fatto di gare automobilistiche, il principe russo Viktor Denissevich Medel; c'è poi anche l'irriducibile anarchico catalano Rafael Mora, deciso a vendicarsi di tutti i ricchi del mondo.

Sono tra le figure più caratteristiche dell'intreccio, ma appena tre dei variegati protagonisti che popolano questa storia; pur diversissimi tra loro, sono uniti da un'inossidabile volontà, dall'ambizione e da principi morali al quanto discutibili. Micheluzzi ci racconta i loro intrighi, i loro sogni e le loro bassezze, insieme a quelli di tanti altri passeggeri del Titanic, accomunati da una sorte inesorabile:

Quando il grande orologio batte gli ultimi dodici tocchi, è mezzanotte per tutti... Poco importa, allora, essere bianchi o gialli, ricchi o poveri...

Titanic, anteprima 03

Parliamo di una catastrofe entrata nell'immaginario collettivo e divenuta un topos a dir poco abusato per via delle sue innumerevoli interpretazioni attraverso ogni genere di mezzo espressivo; eppure, veniamo rapiti - quasi fosse la prima volta che sentiamo parlare dell'immane disastro - dalla fluidità sequenziale, dalla potenza evocativa delle tavole di questo sontuoso romanzo grafico. Il segno è compiuto e maturo, nettamente più rotondo e armonico rispetto al tratteggio graffiante di La Tragedia del Titanic, e la regia risulta più sciolta e naturale.

Titanic non offre il ritmo tamburellante tipico del Fumetto contemporaneo, profondamente influenzato dal grande schermo; l'arte di Micheluzzi si avvicina più al Teatro che al Cinema, fa muovere e agire i suoi personaggi davanti a un fondale, ne enfatizza la recitazione e sembra rivolgersi nelle sue descrizioni direttamente al proprio interlocutore, annullando la quarta parete.

Come nel miglior classico da proscenio, dopo aver consumato nell'atto finale il destino dei suoi sfortunati commedianti, la storia si chiude e cala il sipario davanti al lettore, che rimane solo, a riflettere sulla fragile e transeunte condizione umana.

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