Tinker, Taylor, Soldier, Spy - La Talpa: la recensione

[Venezia 2011] Thomas Alfredson firma un intenso e convincente thriller sulle atmosfere dei Tre giorni del Condor e di tanti spy-movie degli anni ’60 e ‘70...

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Primi anni ’70, Londra. Qualcuno all’interno dei servizi segreti sta facendo il doppiogiochista e sta passando importanti segreti a Mosca. Nessuno deve sapere che è in corso un’indagine interna per scoprire chi sia “la talpa”. A condurla è un ex agente segreto ormai in pensione, ma che per anni ha ricoperto un incarico di alto rilievo all’interno dell’istituzione. I sospettati sono persone che conosce benissimo, non amici, ma compagni di avventura di cui si è pronti a diffidare di tutto quanto di niente…

Il complicato, e proprio per questo avvincente, romanzo che John le Carrè scrisse nel 1974 ispirandosi a Kim Philby, il celebre infiltrato del KGB all’interno del MI6 britannico che, tra gli altri, fece saltare proprio la copertura dello stesso scrittore, all’epoca agente segreto per “la regina”, viene portato sul grande schermo con lo stesso approccio attento ai dettagli e ricco di suggestioni.

E’ proprio la capacità del bravissimo regista Thomas Alfredson - al suo esordio fuori dalla sua patria Svezia in cui girò lo straordinario Lasciami entrare - di riportare lo spettatore al clima dei migliori film di spionaggio degli anni ’60 e ’70 a rendere La talpa un film doppiamente apprezzabile. Non solo la storia, nonostante i suoi mille rivoli, personaggi ed ambientazioni (Londra, Parigi, Istanbul) viene spiegata in maniera chiara ed “onesta”, senza nascondere allo spettatore informazioni di cui è a conoscenza il protagonista (un grande Gary Oldman), ma è l’intero contesto narrativo, fotografia, scenografie, costumi e, soprattutto la regia stessa dello svedese, avvolgente come una plumbea nuvola scesa in terra da cui non ci si può divincolare, a rendere la tensione alta per tutte le due ore di durata.

Azzeccata è anche la scelta di rendere tutti i sospettati, i vari Tinker, Tailor, Soldier, Spy del titolo originale, personaggi parimenti “importanti” fin dal momento di sceglierne i rispettivi interpreti, con una rosa di attori Toby Jones, Colin Firth, Mark Strong, Tom Hardy, John Hurt, tutti più o meno popolari allo stesso modo e infatti presentati in ordine alfabetico durante i titoli di testa. Lo spettatore deve immedesimarsi nel detective e fare la propria scommessa, chiacchierare con il vicino di poltrona e dire chi secondo lui è “il cattivo” di turno, sempre che il vicino sia d’accordo ad ascoltarlo e a ribattere con il proprio favorito.

Dopotutto, non sono proprio questi tipi di film, quando fatti bene, quelli che alla fine si va con più piacere a seguire al cinema o a noleggiare in videoteca?

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