Time Is Up, la recensione

La maniera in cui Time Is Up imita modelli stranieri lo condanna, ma la potenza sessuale mai nascosta di Bella Thorne gli dà personalità

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Time Is Up, la recensione

Film come Time Is Up non sono propriamente il terreno in cui fioriscono gli attori migliori. Negli anni ci hanno abituato a puntare su altro, magari più sulla presenza o sulla chimica tra protagonisti, che proprio sulla capacità di interpretare un personaggio con più o meno sfumature. Detto questo Benji (al secolo Benjamin Mascolo) è proprio a un altro livello. Indecente di fronte al resto del cast, impresentabile per gli standard internazionali cui aspira questo film italianissimo. Il cinema è molto cambiato negli ultimi 15 anni, per certi versi il livello più basso si è alzato, e oggi nemmeno nel cinema italiano più dozzinale e rionale si vede più una recitazione così granitica, irrigidita e assente, fondata su solo tre registi con cui dover fare tutto: neutro, arrabbiato, divertito.

Questa tuttavia è solo la punta di un iceberg la cui base è costituita da un pessimo rapporto tra sceneggiatura e casting. Il livello di plausibilità dei due protagonisti nei propri ruoli è bassissimo. Bella Thorne non ha mai il passo o il profilo da studentessa di fisica quantistica (e di certo non riesce a rendere credibile questo anti-stereotipo), Benji invece è un popolano ma dal volto pulito, diverso dai personaggi che lo circondano nel suo ambiente. Forse scambiarli avrebbe aiutato. Anche perché di certo non sarà la sceneggiatura a supplire, piegata com’è su un immaginario americano d’importazione, tutto convenzioni senza possibilità di lavorare su di esse o farci qualcosa di originale, anzi semmai con una grande paura di uscire dal seminato, di “sbagliare” e non somigliare ai propri modelli.

È un peccato perché invece la fattura di Time Is Up invece sarebbe superiore a molti altri omologhi nazionali. Elisa Amoruso (che viene da Maledetta Primavera, Chiara Ferragni - Unposted e dal bel documentario Bellissime) addirittura ogni tanto si fa venire anche qualche idea di messa in scena che cerchi sul serio un romanticismo credibile. Soprattutto lavora in modi nascosti e quasi sovversivi perché al centro di tutto non ci sia solo sentimento femminile, ma ogni tanto faccia capolino anche l’importanza del corpo e del godimento femminile.

Per quanto infatti Time Is Up sia fastidiosamente fondato sull’ammirazione della bellezza dei due protagonisti, star e coppia anche nella vita vera, un film di pose che esiste più che altro come veicolo per loro due, alla fine nel gioco a chi flirta di più con l'obiettivo stravince Bella Thorne. Non solo è più esperta ma molto più consapevole e in controllo della macchina da desiderio che è il proprio corpo e questo, se non altro, a tratti dà al film una marcia personale e unica.
Quella di Bella Thorne è una presenza che trascende la bellezza (ostentata da entrambi e di certo non una caratteristica esclusiva al cinema) e ha più a che vedere con il racconto di un rapporto sano con il piacere. Quando le scene lo richiedono l’impressione è che non nasconda mai il suo desiderio di godere e far godere, e Elisa Amoruso sembra averlo capito, fino a darle anche una scena di masturbazione. Qualcosa che non vediamo mai nel cinema americano e che invece dà tutta un’altra lettura del rapporto insoddisfacente della protagonista con il suo attuale ragazzo raccontato dalla sceneggiatura. Infatti quello che la scrittura non dice ma la presenza di Bella Thorne afferma, è un continuo desiderio di desiderare che è frustrato e che il nuovo amore invece soddisferà. Anche di quello alla fine sarà fatta la felicità.

Nulla ha potuto evitare che fosse messo in cantiere un sequel.

Continua a leggere su BadTaste