Time Is Up 2, la recensione

Pieno di stimoli a cui non dà mai seguito e suggestioni che rimangono velleità Time Is Up 2 ci voleva quasi provare ad essere serio

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

La recensione di Time Is Up 2, il film con Bella Thorne e Benjamin Mascolo disponibile su Prime Video dal 27 ottobre

Se dovessimo eliminare tutte le produzioni di livello bassissimo che escono dal nostro paese e tenerne soltanto una, di certo quella di Time Is Up (sia il primo che il secondo) avrebbe buone chance di qualificarsi per la salvezza. Troppo interessante è la combinazione tra la testa di Elisa Amoruso unita alla scrittura di Marco Borromei e Anita Rivaroli (che vengono da esperienze su SKAM Italia) e le esigenze autopromozionali della coppia Benji & Bella Thorne; troppe scintille fa l’attrito tra questo cinema post adolescenzial-romantico di grandi sentimenti ma immenso pudore e il corpo sempre desideroso di diventare esplicitamente erotico di Bella Thorne; troppo curioso infine è l’abbinamento tra temi e idee molto nostrane e poi recitazione ed esigenze d’esportazione internazionali (Italia da cartolina sì, ma fatta da noi stessi immaginandoci occhio straniero).

Time Is Up 2 (che nel mondo si chiama Game Of Love, abbandonando il primo film dietro di sé per correre da solo) partiva da presupposti molto migliori del primo ma come quello si infrange contro una discesa verso il punto più basso in cui incontrare con un pubblico per il quale davvero non si ha nessuna stima e probabilmente nemmeno un po’ di simpatia. Vivien e Roy sono sempre insieme, stavolta in Sicilia, devono barcamenarsi tra le esigenze di lavoro di lui (fotografo) e le aspirazioni di lei, mentre una donna nuova si inserisce nella coppia. C’è infatti subito una promessa triangolare con momenti di bisessualità, che (non temete) non si concretizzano davvero mai, a dare al film una spallata erotica da buona famiglia prima che tutto possa rientrare nei ranghi.

Sembra di capire da un inizio molto buono, in cui Vivien e la nuova donna si conoscono e fanno un bagno in mare a seno nudo (non si vede nulla sia chiaro!) tutto confusione, sole, vento, acqua limpida e una strana forma di attrazione taciuta che passa dall’atmosfera più che dai volti, che ci sia intenzione di andare oltre il pruriginoso e fare un discorso più serio sullo spettro della sessualità (del resto anche nel primo la maniera in cui è ripresa e gestita Bella Thorne sembra fare un discorso autonomo e parallelo sul desiderio di desiderare frustrato e questo è molto in linea). Solo che ben presto il film finisce dalle parti di 365 giorni, ovvero la sessualizzazione del nulla, del pizzo e delle maschere come oggetti erotici, e preferisce far scontrare dialetticamente la coppia con toni forti, minacciando la fine di un amore, per poi dire che non c’è problema che non possa essere risolto da un po’ di promozione da film commission con un giro in moto con drone a seguire.

Certo, non ci fossero i consueti piani d’ascolto in cui Benji e Bella Thorne devono reagire a qualcosa ad ammazzare ogni scena, si sarebbe potuto forse lavorare anche su un’idea di sessualità diversa (sempre senza mostrare nulla sia chiaro!), se non ci fosse stato così poco spazio per lavorare d’immagini e suggestioni si sarebbe potuta tenere anche una distanza giusta dal sesso (che non limiti la circolazione e la visione al pubblico di riferimento ma che riesca a dire anche qualcosa) e soprattutto se non ci fosse stata una scrittura così pessima, che invece di camminare sul filo delle convenzioni come è giusto (cercando magari di minarle da dentro per farlo saltare in aria alla fine) ci si immerge sfruttando non solo le situazioni e dinamiche base ma anche le frasi più convenzionali, magari poteva essere davvero qualcosa forse non di bello ma almeno di unico!

Continua a leggere su BadTaste