Ti stimo fratello, la recensione
Un non-film che, quando non ripete tutto il repertorio televisivo del protagonista, utilizza senza abilità le solite gag di repertorio sfrutttate da qualunque comico...
Quello che è lecito aspettarsi da un film che porta al cinema un personaggio di successo della comicità televisiva è divertimento, poche pretese e un po' di originalità che giustifichi il passaggio al grande schermo.
E' così quindi anche per Ti stimo fratello che, quando non ripete le frasi ad effetto o le gag televisive, sfrutta meccanismi abusati e già parte del repertorio comico dei clown del circo.
Ma la prova vera dell'inconsistenza filmica di Giovanni Vernia (addirittura anche regista del film) arriva quando i comprimari più capaci (Maurizio Micheli, Diego Abatantuono ma anche il grandissimo Paolo Sassanelli) gli fanno da spalla e con poche battute (anch'esse per nulla originali ma almeno portate con abilità) lo sovrastano quanto a carisma e risate.
Fa così, alla fine, sorridere (involontariamente) come ad un certo punto del film si ironizzi su due robusti e poco attraenti proprietari di tavola calda che vanno alle selezioni del Grande Fratello, alludendo al reality come a una delle tante bassezze che caratterizzano i comprimari del film (c'è chi ruba, chi corrompe, chi evade...). Fa ridere involontariamente perchè poi si pensa invece a quale sia la provenienza del protagonista, e quindi il pulpito da cui parla...