Ti odio, anzi no, ti amo!, la recensione

Protagonisti innamorati di sé quanto dell'altro e la controriforma dei mutamenti di gender al cinema. Un film che vuole rimettere le lancette indietro

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Ti odio, anzi no, ti amo!, disponibile su Prime Video

C’è decisamente qualcosa che non va quando gran parte del tempo di visione di un film la si passa a chiedersi se i personaggi protagonisti siano più attratti l’uno dall’altro oppure da se stessi. Lucy Hale e Austin Stonewall (coppia che già aveva lavorato insieme in Fantasy Island) prima di ammirarsi e desiderarsi a vicenda, si ammirano allo specchio o ammiccano agli altri sapendo di piacere, godono nell’essere desiderabili, si curano moltissimo (entrambi) e parlano di sé. Ti odio, anzi no, ti amo! in particolare poi è ossessionato da Austin Stonewall, dal suo essere bello, prestante, ammira il suo corpo sexy irresistibile e lo fa dire ai personaggi, così che sia ben chiaro.

È solo la più evidente di molte storture rispetto al solito in quella che invece desidererebbe tantissimo essere una commedia romantica vecchio stampo, convenzionale e risaputa, in cui due colleghi lavorano nella stessa stanza ma sono tipi diversi tra loro, vengono messi in competizione per la medesima promozione e così l’odio si acuisce talmente tanto che finiscono per baciarsi. La tensione sessuale al rialzo si misura in abiti su misura di lui, capelli curatissimi (sempre di lui) e gonne e rossetti di lei. Una competizione tutta misurata nel rendersi desiderabile per l’altro mentre ci si ammira.

Finiranno insieme, scopriranno le reciproche debolezze e poi un’incomprensione sembrerà rompere l’idillio prima che il grande chiarimento finale non ricomponga tutto. Per l’appunto, la convenzione.
Eppure di solito non funziona così. La prassi è che la premessa della commedia romantica sia forte, che la situazione sia promettente e che poi lo svolgimento tenti di stare al passo. Ti odio, anzi no, ti amo! invece non ha nessuna premessa forte e uno svolgimento anche peggiore, fatto di dialoghi che ripetono quel che già vediamo, pieni di complimenti vicendevoli e paroline dolci, senza il conflitto che promette il titolo e che è concentrato tutto nell’introduzione. Il punto di tutto sembrano essere loro due, come si presentano, come incarnano l’ideale di vita sofisticato e benestante, con una noia infinita nell’incedere di una trama che non suona mai armoniosa ma sembra tirata avanti per improvvisi strattoni. Una fatica da guardare più che un piacere.

In più, in un periodo in cui gli stereotipi di gender sono in revisione, al cinema anche più che nel mondo reale, Ti odio, anzi no, ti amo! si presenta come un film pensato per essere la controriforma, cioè per indugiare il più possibile su quegli stereotipi di una volta e farci un film tradizionale. Così tanto da esagerare in ogni senso. Esagerare con il culto della mascolinità sofisticata e con l’imbranata scaltrezza femminile, con i colpi di testa e di umore da una parte e il mutismo dei sentimenti tenuti dentro e non espressi dall’altra. Se qualcosa sta cambiando nel cinema questo è il film che cerca di navigare controcorrente.

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